Dalla crisi del sistema bancario sfociata nel caso di Banca Etruria nel quale si sono trovati coinvolti parenti vicini e lontani dello stesso presidente del Consiglio e di un suo ministro - alle polemiche con la Commissione europea, gli ultimi avvenimenti che riguardano l'Italia politica rivelano un malessere del governo Renzi che suona molto come la manifestazione ultima di una forma di logoramento. Forse, l'esecutivo della rottamazione è arrivato al capolinea. Chiunque mastichi un po' di politica lo poteva prevedere. Un governo fondato sull'eliminazione, non per via elettorale, di una parte dei propri alleati e sull'autoritarismo di chi lo presiede non poteva durare a lungo perché questi stessi alleati, alla prima occasione, gli si sarebbero rivoltati contro. Così, ogni giorno che passa è il giorno che precede una crisi di governo.
Il vizio di fondo che ha provocato tale logoramento è, a ben vedere, chiaro: governare un Paese col ruolo che ha l'Italia in Europa, senza un'idea del contesto nel quale si vorrebbe vivere e che non sia solo il soddisfacimento delle ambizioni personali di un uomo non è facile. Gli alleati manifestano costantemente la propria frustrazione e soprattutto il desiderio di prendersi la rivincita. Che piaccia o no, sono l'incultura politica del capo del governo e il suo spirito autoritario che pesano sui suoi rapporti con gli alleati e sulla stabilità dell'esecutivo.
Che ci fosse bisogno di un rinnovamento e che Renzi, sotto questo aspetto, fosse la figura che meglio di ogni altra pareva si prestasse alla bisogna, era un fatto incontrovertibile da lui stesso alimentato. La sua ascesa è stata, dunque, la conseguenza della somma delle carenze accumulate dai precedenti governi. Ma non è stata la soluzione dei problemi nazionali. Il ragazzotto fiorentino è ambizioso, furbo e cinico a sufficienza per far fronte ad ogni evenienza. Ma non ha il respiro lungo che si chiede all'uomo di Stato e a un governo che possa durare. L'Italia vive perennemente sull'orlo di una crisi di governo e ciò non le giova, né sul piano europeo, dove ha perso peso, né tanto meno su quello interno, dove i problemi si accumulano. L'esecutivo non pare in grado di offrire una qualche soluzione, prima fra tutte la riforma della Pubblica amministrazione. I problemi tornano puntualmente all'ordine del giorno del governo, esponendolo ad una condizione di endemica precarietà che lo indebolisce dalle fondamenta. La denuncia della Commissione europea secondo la quale, da noi, non ci sarebbe un interlocutore affidabile ne è la prova. Renzi punta sul referendum confermativo della riforma costituzionale, da lui stesso voluta, che lo dovrebbe rafforzare. Ma è una riforma che la maggioranza degli italiani legge più come un tentativo di promuovere personalmente il presidente del Consiglio che un mezzo per modernizzare il Paese. Pare il preludio di un regime autoritario. Quelli che hanno una certa dimestichezza con la politica hanno altresì la sensazione di essere chiamati a ratificare un regime che faccia capo al presidente del Consiglio invece di affrontare finalmente quella svolta e quella modernizzazione dello Stato delle quali si avverte il bisogno. È dunque possibile che il referendum possa risolversi in una sconfitta, male mascherata, di Renzi e nella fine della sua avventura come capo del governo.
L'Italia pare condannata ad un periodo di instabilità politica e governativa del quale non c'è proprio bisogno perché non ha le risorse - né umane, né culturali - per farvi fronte. Sono venuti al pettine i nodi politici e istituzionali del Paese uscito dalla Resistenza troppo frettolosamente e con un pasticciato compromesso, senza aver adeguatamente elaborato che cosa sia stato il fascismo e perché sia durato tanto a lungo. È un difetto strutturale che ci porteremo appresso ancora a lungo e che peserà sulla capacità di governo di chiunque vinca le prossime elezioni.
La rottamazione che è stata l'ennesimo caso di trasformismo nella nostra storia nazionale ed è servita unicamente a portare a capo del governo Renzi non era la soluzione dei nostri problemi, ma unicamente il mezzo grazie al quale sostituire la vecchia classe politica con una nuova. Che non si è rivelata migliore. Anzi.piero.ostellino@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.