Di ritardo in ritardo l'accordo sul Recovery Fund è sulla dirittura d'arrivo, con un compromesso nebuloso. Il premier Conte ha pestato acqua nel mortaio, e il vero negoziato si sta svolgendo fra la Germania e i cinque Paesi cosiddetti «frugali», capeggiati dall'Olanda, ossia, oltre ad essa, Svezia, Austria, Danimarca e Finlandia. I Paesi «frugali» vorrebbero stare sul ponte di comando, dettando le regole per l'Italia, che ha un peso economico e, in linea teorica, un peso politico molto superiore.
Gli oggetti del contendere sul Recovery Fund sono sostanzialmente due: 1) la somma da erogare che, nella proposta iniziale della Commissione europea, è di 750 miliardi di cui 500 a fondo perduto e 250 per prestiti a basso tasso e lunga durata; e 2) i criteri di erogazione e controllo della gestione. I «frugali» vogliono ridimensionare il Fondo per gli aiuti a fondo perso, perché mentre ciascun Paese dovrebbe versare una somma pari alla sua quota legale nell'Unione Europea, che per l'Italia è il 16 per cento, le erogazioni andrebbero in misura preferenziale a Italia, Spagna e Paesi dell'Est con minor reddito pro capite e maggior disoccupazione. Inoltre i «frugali» vorrebbero che i prestiti non siano destinati a spese assistenziali ma solo a investimenti.
L'Olanda chiede un sistema di voto all'unanimità, che le permetterebbe d'esercitare un controllo su tutto. Ciò, però, porterebbe alla paralisi decisionale e contrasta con i vigenti poteri della Commissione Europea e del Consiglio europeo (composto dai capi di Stato o di governo dei Paesi membri) e del Parlamento europeo, che deliberano con voto a maggioranza. Il premier olandese Mark Rutte, alla fine, otterrà che si fissino dei criteri di principio per l'uso dei fondi. Il punto debole del negoziato a vuoto di Conte è la richiesta che il Recovery Fund, sia per la parte dei prestiti, che per le erogazioni a fondo perduto, non serva solo a investimenti, ma anche a spese correnti assistenzialistiche create dall'emergenza corona virus. Ma per queste spese è competente il Fondo speciale sanitario del Mes, che per l'Italia prevede 36 miliardi di prestiti decennali a tasso zero, nel biennio 2020-21.
Il Recovery Fund non sarà operativo quest'anno, mentre gli euro per il sostegno alle imprese che hanno subito i divieti operativi stabiliti dai Decreti ministeriali del presidente del Consiglio e alle persone che hanno perso il lavoro, servono subito. L'Agenzia delle entrate non vorrebbe rinunciare alla rata di imposte dovute per la scadenza semestrale estiva, perché ha già un calo degli altri tributi e il Tesoro ha necessità di fondi per far fronte a tutte le spese straordinarie di bilancio. Ma le imprese che non hanno lavorato sono costrette a pagare queste rate, rischiano il fallimento. In attesa del barcone del Recovery Fund, c'è la scialuppa del Mes sanitario, in cui possiamo imbarcarci prendendo 18 miliardi subito, a tasso zero, che servono anche per gli indennizzi a imprese e persone colpite dalla pandemia. Non ci sarà l'Olanda a fare i controlli, ma li farà il Parlamento italiano. D'altra parte ora, il Parlamento è chiamato a votare uno scostamento di bilancio compreso tra i 15 e i 20 miliardi.
Scostamento che - per altro - non sarà perlomeno nell'immediato necessario, se noi facessimo ricorso al Mes sanitario, in quanto esso non genera un aumento del deficit, essendo a tasso zero. La scialuppa del Mes non è il toccasana, ma serve per giungere a riva prima e in condizioni migliori.
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