Parroco condannato a 3 anni e 8 mesi per abusi sul chierichetto

Arrivata la condanna da parte del tribunale di Pescara per gli abusi subiti da un giovane chierichetto tra 2011 e 2012

Parroco condannato a 3 anni e 8 mesi per abusi sul chierichetto

Parroco condannato per abusi su minore, si aggiunge un nuovo caso.

Il tribunale di Pescara, presieduto da Maria Michela Di Fine, ha emesso la sentenza definitiva per don Vito Cantò, ex parroco della chiesa di San Camillo De Lellis a Villa Raspa di Spoltore (PE), condannandolo a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Il reato contestato al parroco è quello di abusi di natura sessuale nei confronti di un ragazzo minorenne, in quanto verificatisi ai danni di un chierichetto che all’epoca dei fatti aveva ancora 15 anni (si fa riferimento al periodo compreso tra fine 2011 ed inizio 2012).

Oltre alla reclusione, per l’ex parroco è stata determinata dal Tribunale l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni ed il divieto perpetuo ad assumere incarichi in scuole o strutture frequentate da minori. Per quanto riguarda invece il risarcimento, don Vito dovrà versare una provvisionale di trentamila euro destinata al ragazzo, oltre a diecimila euro a testa per la madre e la sorella del giovane.

Come accennato in precedenza, secondo il quadro ricostruito sulla base delle indagini degli inquirenti, gli abusi furono perpetrati tra l'estate del 2011 e quella del 2012. Gli incontri a sfondo sessuale con l’ex parroco sarebbero avvenuti proprio tra le mura della casa di quest’ultimo: non vi sarebbe stata alcuna costrizione fisica nel rapporto, tuttavia le conseguenze risulterebbero evidenti anche a distanza di anni nel ragazzo, vittima di una forte crisi di identità e di profondi turbamenti.

Dopo aver ricevuto delle preoccupanti segnalazioni, in particolar modo dai genitori della giovane vittima, nel 2013 il vescovo di Pescara Tommaso Valentinetti, decise di sospendere il parroco in via cautelativa allontanandolo dalla parrocchia e facendo in modo che abbandonasse il ruolo di educatore negli scout dell'Agesci. I genitori si rivolsero comunque immediatamente alla Magistratura per avviare le indagini.

Si aprì nell’anno successivo anche il processo canonico, che determinò per don Vito la perenne interdizione allo svolgimento di attività parrocchiali con minorenni, oltre all’obbligo di dimora in un monastero di Roma per 5 anni; qui avrebbe dovuto condurre “una vita di preghiera e penitenza”, appoggiandosi anche all’aiuto di uno psicanalista.

Nel 2016 fu chiesto per l’ex parroco il rinvio a giudizio, contestato in Cassazione dall’avvocato dello stesso, Giuliano Milia, che invocò il principio del “ne bis in idem”: secondo il legale il suo cliente non poteva esser condannato due volte per uno stesso reato, avendo già ricevuto la condanna del Tribunale Ecclesiastico.

Ricorso poi respinto perché definito “inammissibile”.

Il lungo e complesso iter si è concluso con le condanne sopra riportate, più dure addirittura di quelle proposte inizialmente dal pm Salvatore Campochiaro, che aveva invece richiesto 3 anni.

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