Il Pd orfano di genitori incerti

Il Pd orfano di genitori incerti

C'è un limite alle bugie, alle mistificazioni, a quelle che si chiamano oggi fake news. Rosy Bindi, da tempo in rotta con il suo partito-non partito (è infatti una democristiana confluita nel Pd: e c'è da dubitare che abbia cancellato il gene delle sue origini) afferma sprezzante: «Non mi ricandido». E chi se ne frega!

Ma aggiunge: «Se mi considerate una madre nobile del Pd, vi assicuro che non riconosco più i tratti del figlio, e in questo partito non ci metto la faccia». Certo è una metafora. Ma delle due l'una. O la Bindi è stata madre reale, e si capisce allora perché il suo Pd (Parto Disperato) sia venuto così; o mente e quindi si attribuisce un merito (o un limite) che non ha.

Il Pd richiama una condizione condivisa da tutti i cittadini di una nazione democratica, ed è quindi un'appropriazione indebita. Oggi appare diviso perché unisce famiglie diverse e lontane: quella comunista e quella democristiana. Se la Bindi, democristiana abusiva, ne è la madre, chi è il padre? Il figlio, viziato e vizioso, lo vediamo: è il giovane e spregiudicato Matteo, rottamatore, ovvero parricida. Il padre, difficile trovarlo. Ma qualcuno quella paternità rivendica. È Romano Prodi, che afferma: «Il Pd è cresciuto sulle radici dell'Ulivo».

Allora proviamo a immaginare: come può essere il figlio di Romano Prodi e di Rosy Bindi? Quello che ne rivendica il ruolo è certamente un figliol prodigo. E, purtroppo per lui, non sa da quale padre e da quale madre ritornare.

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