Pensioni, la trappola di Renzi: col prestito via una mensilità

Simulazioni alla mano, secondo la Uil, se un lavoratore accedesse con un anno di anticipo e con un trattamento pari a 1.000 euro lordi perderebbe il 6,9% della pensione, ovvero il corrispettivo di un importo mensile netto in meno ogni anno

Pensioni, la trappola di Renzi: col prestito via una mensilità

L'ipotesi del prestito pensionistico per maggiore flessibilità in uscita sulle pensioni "è molto onerosa per il lavoratore" e suscita "perplessità" sul ruolo di banche e assicurazioni. E' questa la posizione della Uil che ha messo a punto un'analisi sull'impatto sull'assegno di un'eventuale introduzione del prestito previdenziale per chi volesse lasciare in anticipo il lavoro. Ipotesi a cui ragiona il governo, ma le scelte arriveranno solo in autunno con la Legge di Stabilità. "La via maestra è la reintroduzione di una flessibilità di accesso alla pensione a 62 anni. Il sindacato è pronto a discuterne le modalità, ma bisogna evitare soluzioni pasticciate. Il prestito pensionistico, che indiscrezioni giornalistiche attribuiscono al Governo, presenta molte criticità. Inoltre, non è chiaro il tipo di tassazione che verrebbe applicato né l'ammontare degli interessi", afferma il segretario confederale Uil Domenico Proietti.
Simulazioni alla mano, secondo la Uil, se un lavoratore accedesse con un anno di anticipo e con un trattamento pari a 1.000 euro lordi perderebbe il 6,9% della pensione, ovvero il corrispettivo di un importo mensile netto in meno ogni anno.

Lo studio si basa sulle indiscrezioni giornalistiche sul progetto di Ape (Anticipo pensione) in base al quale i lavoratori potrebbero accedere alla pensione con un anticipo fino a 3 anni e riceverebbero un prestito da un istituto di credito equivalente al
trattamento previdenziale spettante dalla richiesta al raggiungimento del requisito anagrafico. Tale prestito dovrebbe essere garantito dallo Stato, ma dovrà essere pagato dal lavoratore con una rata applicata sulla pensione. Su questa ipotesi la Uil segnala una serie di criticità: primo, il sindacato chiede di chiarire se gli interessi sarebbero a carico del richiedente o dello Stato-Inps; secondo, il Governo dovrebbe prendere in carico una quota della rata che possa essere totale o parziale, proporzionalmente al reddito da pensione spettante e in relazione alla sua situazione lavorativa. Terzo, va valutata la procedura di accesso ed erogazione del prestito che non dovrebbe comportare alcun onere per l'interessato se non quello di indicare il soggetto erogante il
prestito.

Sul fronte dei costi, lo studio, basandosi sulle indiscrezioni, distingue le aspettative di vita tra uomo e donna, ipotizzando che la durata del piano di ammortamento sia commisurata alla aspettativa di vita al momento della richiesta del prestito: attualmente 80 anni ed 1 mese per gli uomini ed 84 anni e 7 mesi per le donne.

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