Plagiata e abusata dalla psicosetta: "Mi hanno tolto tutto e rubato l'infanzia"

La setta è stata sgominata nel 2020 dalla polizia di Novara. Giulia, una ex adepta, ha raccontato la sua esperienza: "Veniva chiesta totale sottomissione. Ci hanno fatto abbandonare la vita normale"

Plagiata e abusata dalla psicosetta: "Mi hanno tolto tutto e rubato l'infanzia"

"A un certo punto tutto gira al contrario, ci si ritrova da soli in un mondo sconosciuto dove ogni certezza viene meno, dove l'identità non esiste". È una storia agghiacciante quella di Giulia, una ex adepta della psicosetta di Gianni Maria Guidi, 77 anni, conosciuto come "il dottore", rinviato a giudizio per le torture inflitte a un numero imprecisato di ragazze (nove quelle identificate dalla procura distrettuale di Torino). La trentenne ha denunciato l'organizzazione: "Ma l'incubo non è ancora finito. Chiedo alla giustizia che questa setta venga riconosciuta come tale, che ci si adoperi per smantellarla e che questa lunga e difficile impresa possa essere d'apripista per tutte le persone a rischio", racconta in una intervista al quotidiano La Stampa.

L'inizio dell'incubo

Giulia è una donna di 30 anni, moglie e madre di due bimbi. Vive in un paesino del Basso Piemonte, lontano dal trambusto cittadino. Lei è una delle ex adepte e testimone della "setta delle bestie", la psicosetta guidata da "Il dottore", che ha avuto il coraggio di denunciare l'organizzazione. Il suo calvario comincia all'età di sette anni, quando viene introdotta da un parente nel gruppo settario: "All'inizio mi fu proposta come un mondo magico e incantato, in cui dicevano che avrei trovato l'armonia. - ricorda Giulia -Mi fecero sentire una persona speciale, unica. Ma l'illusione durò poco: gli esponenti del gruppo avevano modi disinibiti finalizzati a creare un'intimità che io non sentivo naturale. Non facevo fatica a dimostrarlo con atteggiamenti scostanti e chiusure, ma ero una bambina e non potevo far nulla, visti anche i legami parentali con alcune adepte". A undici anni incontra per la prima volta Gianni Maria Guidi: "I tre precedenti erano serviti alla preparazione di questo incontro. Lui si presentò come persona che si sarebbe preso cura di me, sostituendosi a ogni altro mio riferimento. È stato un percorso doloroso per molti aspetti, con molte cicatrici che ancora oggi mi segnano".

La vita nella psicosetta

Un "mondo incantato", accessibile a una rosa ristretta di "prescelte". Alle adepte veniva chiesto di allontanarsi dalla famiglia d'origine: "Dovevamo abbandonare ogni cosa: vita normale, amici, amori e famiglia. - racconta Giulia - Avveniva un'automatica omologazione, anche grazie all'esempio di chi già c'era, e ci si vestiva in modo strano, ispirato al mondo celtico e fiabesco, creando una comfort-zone ideale. Si dovevano usare modi composti e gentili, bisognava essere curate, belle e armoniche. Era vietato avere stati d'animo negativi, poiché avrebbero avuto conseguenze su tutti. Niente fidanzati, nessun affetto per amici e parenti. Veniva chiesta sottomissione: mentale, fisica, sentimentale e spirituale. Le adepte si educavano gradualmente, con metodi "che andavano dalla semplice respirazione alle vere e proprie torture". Il "dottore" e i suoi collaboratori si presentavano come "presentavano come persone colte, importanti, misteriose. - prosegue il racconto della trentenne - Spesso si occupavano di lavori strettamente connessi alla setta, utili ad autosostentarsi: c'erano le erboristerie, gli shop di prodotti cosmetici, la casa editrice, e poi punti di ritrovo a Milano come la scuola di danza, lo studio di psicologhe. In tutti questi luoghi era evidente l'impronta del dottore: pareti, decorazioni, soprammobili, tutto era ispirato a fate, gnomi, simboli apotropaici. C'erano poi le collaboratrici anziane che vivevano nelle casine del parco del Ticino".

Le torture e gli abusi

I raduni si tenevano in appartamenti o palestre tra Rapallo, Vigevano e Milano. Incontri "a sfondo sessuale" durante i quali le ragazze venivano sottoposte ad atroci torture. "Ogni momento, che si trattasse di violenza fisica o un abuso di potere, oppure una manipolazione mentale o una chiara manovra per distruggere l'io - ricorda ancora Giulia - Non c'era momento in cui non mi sentissi controllata, sotto pressione, esaminata o giudicata, che fossi a scuola o a fare la spesa, al bar o in metropolitana. Grazie a quelle catene fatte di sottomissione, sentimenti, sopravvivenza, lasciare la setta non era facile, anzi faceva male. Andando via avresti abbandonato quelle persone che come te avevano condiviso e sofferto, e che addirittura, senza di te, dicevano che non sarebbero sopravvissute".

La rinascita

Diventa adulta, Giulia si rende conto che non vi è nulla di fabiesco in quel microcosmo dove era stata confinata sin da bambina: "Ho capito che non ero felice. - dice -E soprattutto quando ho visto che nella realtà il Dottore non si comportava come predicava, era tiranno e dispotico: diceva che le donne erano un'incarnazione della Grande Madre ma poi le picchiava; idolatrava gli animali, poi li prendeva a calci. C'era qualcosa che non mi tornava: ho capito che le sue erano bugie". Seppur impaurita, decide di abbandonare la psicosetta: "Non pensavo di poter avere una vita normale fuori dalla setta. - racconta - Appena uscita subivo ancora il peso degli avvertimenti: 'Chi se ne va diventerà uno zombie' o 'Si ammalerà di un male terribile' Ho però iniziato a documentarmi sui gruppi settari e a capire di poter rifarmi una vita". Giulia è rinata ma l'esperienza della psicosetta le ha lasciato addosso cicatrici indelebili: "Il passato fa parte di me e ha contribuito a rendermi ciò che sono, con le mie insicurezze e fragilità. Volevano una 'guerriera della luce' e lo sono diventata, ma decidendo per me e dedicando le mie energie per portate alla luce la setta, e farla finire".

La denuncia

Assistita dall'avvocato Silvia Calzolaro, e dai volontari di "Mai più sole", l'associazione di Savigliano (Cuneo) a sostegno delle donne che subiscono violenza fisica e psicologica, la trentenne ha denunciato l'organizzazione: "Chiedo alla giustizia che questa setta venga riconosciuta come tale, che ci si adoperi per smantellarla, e che questa lunga e difficile impresa possa essere d'apripista per tutte le persone a rischio. - conclude la trentenne -Non sta a me dire cosa meritano questi criminali, ma spero che giustizia sia fatta, in modo adeguato ed esemplare".

Gianni Maria Guidi, a capo della psicosetta dal 1991, è in attesa della richiesta di rinvio a giudizio. Nel mirino della procura distrettuale di Torino sono finiti anche alcuni collaboratori del "dottore" tra cui manager, imprenditori, professori, insegnanti di danza, psicologhe e scrittori.

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