Poliziotto denuncia traffico di droga: finisce a processo

L’agente della polaria indagato, poi prosciolto, dalle pesanti accuse di appropriazione indebita mentre era sulle tracce di una potente organizzazione criminale, erede della banda della Magliana, oggi è alla sbarra con l’accusa di diffamazione

Poliziotto denuncia traffico di droga: finisce a processo

Denuncia traffici di droga all’aeroporto di Fiumicino, ex poliziotto a processo. Era stato sottoposto per mesi a mobbing, degradato da superpoliziotto a caccia di narcotrafficanti a controllore dei taxi abusivi. Situazione che l’agente della polaria Piero Fierro sopporta malissimo, fino al congedo illimitato per motivi di salute. Indagato, poi prosciolto, dalle pesanti accuse di appropriazione indebita mentre era sulle tracce di una potente organizzazione criminale, erede della banda della Magliana, oggi è alla sbarra con l’accusa di diffamazione. Una storia di sbirri e narcos che comincia 15 anni fa. “Cercavamo di arrestare gli assassini di un boss di Ostia, Paolo Frau - dice Fierro - ma veniamo fermati in seguito a un esposto anonimo arrivato ai nostri superiori. Perché? Ho raccontato tutto sui giornali e alle televisioni di mezzo mondo. Poi, su un blog come tanti la notizia viene ripresa in parte, senza che io ne fossi a conoscenza. E per questo articolo, solo per questo in cui io non ho fatto alcuna dichiarazione, sono stato querelato. Per gli altri in cui ho messo la faccia niente. Strano no?”. Un j-accuse durissimo quello di Fierro. La fonte usata dal blogger è anonima, ma a puntare il dito contro Fierro sono alcuni giornalisti tra i quali il responsabile dello stesso blog, portati sul banco dei testimoni dall’accusa malgrado il segreto professionale e il codice deontologico. Insomma, un processo che potrebbe riservare colpi di scena quello che si apre stamattina presso il Tribunale di Velletri. “Svelerò i misteri di Ostia” promette Fierro riferendosi alle decine di casi insoluti a cominciare proprio dall’omicidio di “Paoletto Frau”, per anni il miglior pilota su due ruote della banda di Abbatino & company, l’uomo fedelissimo al “testaccino” Danilo Abbruciati, il Camaleonte, con lui (narra la leggenda) a Milano durante il fallito attentato a Roberto Rosone, il numero due dell’Ambrosiano, costato la vita allo stesso Abbruciati. Un caso mai risolto, quello della morte di Frau, nonostante la maxi operazione di polizia e Dda “Anco Marzio” e la successiva “Alba Nuova” che portano al sequestro di droga e all’arresto di alcuni criminali locali. Insomma, che l’attività investigativa della polaria e della squadra mobile possa aver infastidito qualcuno? Di fatto sono proprio dei poliziotti, tempo dopo, a essere arrestati per narcotraffico. Mentre un maresciallo della Guardia di Finanza, sempre di Fiumicino aeroporto, divenuto dopo il suo arresto collaboratore di giustizia, viene trovato morto, suicida. Altra stranezza accaduta nel crocevia preferito dai cartelli siciliani in affari con il Sud America, come il clan Cuntrera, Triassi, Caldarella sul quale la stessa Polaria indaga per anni. Che il Leonardo da Vinci sia l’hub scelto dai narcotrafficanti lo sanno in molti, ma che gli stessi riescano a “sdoganare” quantità industriali di cocaina purissima con la complicità di uomini fidati, meglio se appartenenti alle forze dell’ordine, si può solo ipotizzare. Ma con l’arresto di un carabiniere, prelevato dai suoi colleghi del Ros mentre “accoglie” sottobordo i corrieri provenienti da Medellin, arriva una prima conferma. Una scheggia impazzita? Però quando arrestano il maresciallo della Guardia di Finanza Massimo Callari, 51 anni, e i poliziotti della squadra di Fierro, Francesco Mostarda e Cesare Bove, i “teoremi” diventano conferme. Succede tutto per una drammatica casualità. È il 21 settembre del 2010, Callari si fa mettere di turno, di controllo alle uscite di servizio dello scalo. Da Santo Domingo, nel frattempo, arrivano sul telefono di Bove le foto con i trolley zeppi di droga. Bove è di riposo, fa i turni “in quinta”, nonostante questo sale una volante di servizio diretto sotto la fusoliera di un velivolo Blu Panorama. Assieme all’appuntato della Finanza Pasquale Marciano taglia la rete dei bagagli e afferra i sacchi di coca visti sul cellulare. Alla scena assiste un dipendente della compagnia aerea che chiama il 113. Le indagini le conduce il pm De Gregorio. Scattano le manette per le cinque divise infedeli: tre finanzieri e due poliziotti tra i quali Bove (latitante per un anno), Callari, Mostarda e Marciano. Callari è fuori di sé, non regge alla pressione, e parla. Davanti al pm giura di raccontare come la banda faceva uscire dall’aeroporto quintali di cocaina. “Mi ero appena separato, mi servivano soldi” confessa. Un vero e proprio sistema quello che spiega Callari, tanto da servirsi “anche di altri scali tra i quali Bologna e Malpensa”, racconta. “Lavoretti” li chiama Cesare Bove, l’ispettore di polizia a capo della gang, che permettono però di far passare da Fiumicino 80-90 chili di cocaina allo stato puro con una singola consegna, dodici solamente nel 2010. Con telefoni usa e getta poliziotti e finanzieri comunicano fra loro. Sette, ottomila euro ciascuno: è la paga per ogni chilo di cocaina fatta uscire dal suolo aeroportuale, fino a 45mila euro in biglietti da 50 a testa a ogni operazione.

A marzo del 2013 Callari viene trovato cadavere nella sua casa di Ladispoli. Il finanziere aveva riempito pagine e pagine di verbali e aveva appena fatto richiesta di essere inserito nel programma di protezione. Strana coincidenza.

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