Se il virus dovesse continuare a correre con questa velocità nel giro di tre settimane l’Italia potrebbe ritrovarsi con 100mila nuovi casi e 500 morti al giorno. Non solo: il sistema sanitario nazionale collasserebbe sotto i colpi della pandemia, così come il tracciamento dei positivi. A quel punto il disastro sarebbe certo e ci ritroveremo ad assistere alla replica di quanto visto lo scorso marzo. È questo, numeri alla mano, il nefasto scenario che rischia di travolgere il nostro Paese nel caso in cui non riuscissimo ad arginare in fretta la curva epidemiologica.
A un passo dal baratro
Come ha sottolineato sull’HuffPost il fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei, dai primi giorni di ottobre i nuovi casi raddoppiano ogni settimana. Ogni ottanta pazienti positivi, inoltre, c’è un morto dopo una decina di giorni. La matematica non è un’opinione: se bastano mediamente sette giorni affinché un contagiato infetti un’altra persona, un raddoppio dei positivi ogni settimana lascia intendere che ogni infetto sia in grado di contagiarne due.
Non siamo ancora ai livelli di marzo, quando ogni settimana i casi quadruplicavano. Ma il trend, assicurano gli esperti, potrebbe essere lo stesso. E poco importa se tra i nuovi casi molti sono asintomatici: una persona su 80 diagnosticate muore per via del Covid. Di questo passo, in meno di un mese, il sistema sanitario andrebbe incontro a un inevitabile collasso. Ricordiamo che a marzo si registravano mediamente dai 600 ai 900 decessi al giorno, seppur a fronte di un numero inferiore di casi rilevati (il picco è stato il 21 marzo con 6.557 casi) e tamponi effettuati.
Per evitare il peggio è necessario interrompere la crescita del virus. In che modo? A meno che il virus non rallenti la sua corsa, servono provvedimenti drastici immediati, prima che sia troppo tardi. Provvedimenti che dimezzino i contatti tra le persone. Anche perché, in caso contrario, con troppi malati, il sistema di tracciamento diventerà del tutto inutile. E a quel punto, l’unica possibilità per bloccare il Covid, sarà il lockdown duro.
Le informazioni mancanti
Il governo giallorosso ha varato una pioggia di Dpcm, con interventi più o meno restrittivi. Difficile valutarne l’efficacia, visto che si potrà capire qualcosa soltanto tra una decina di giorni. Quando probabilmente rischierà di essere troppo tardi.
Per evitare il lockdown duro, anche e soprattutto in previsione futura, servirebbe una sorta di grande database nazionale in cui riversare ogni informazione sulla pandemia: il luogo dei contagi, le attività dei contagiati, l’uso dei mezzi pubblici e così via. Servono insomma dei numeri ben precisi sui quali ragionare. Il punto è che questo lavoro di raccolta di informazioni non è probabilmente stato fatto. E adesso l’Italia si ritrova, ancora una volta, con l’acqua alla gola.
A giugno, quando la prima ondata era sotto controllo, la commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei aveva scritto un documento in cui spiegava che era necessario pianificare una condivisione dei dati
"concertata con la comunità scientifica". "In assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e, quindi, anche sul piano politico", si leggeva nel testo, valido ancora oggi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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