Quando Carosio beveva un whiskaccio

La trasformazione lessicale contemporanea delle telecronache sportive. Cosa disse Carosio durante una celebre pausa di gioco

Quando Carosio beveva un whiskaccio
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Venticinque marzo 1928, Giuseppe Sabelli Fioretti, ventunenne giornalista de la Gazzetta dello Sport, in cambio di lire 100, appostato sull'ultimo gradone dello Stadio del Partito Nazionale Fascista di Roma, raccontò, al microfono dell'Eiar, Italia-Ungheria. Fu la prima radiocronaca di una partita di calcio. Cinque anni dopo, primo di gennaio del 1933, Nicolò Carosio, seduto su una sedia a bordo campo del Littoriale di Bologna, narrò Italia-Germania: «Amici italiani in ascolto qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta». Oggi le cronache di calcio offrono una clamorosa trasformazione lessicale, neologismi improbabili, «rigorino», frasi ambigue, «seconde palle», «palla scoperta», per non dire delle «preventive», hanno risciacquato la lingua non più nell'Arno ma nel Tamigi, sembra di essere sulla Bbc, l'occasione da rete è «expected goal», il pestone è raffinato con «step on foot», chi attraversa tutto il campo fa un «box to box». Ho recuperato una perla proprio nel linguaggio di Carosio, lui sì anticipò i tempi.

Chi oggi descrive, con frase inglese, la pausa di gioco per consentire ai calciatori di abbeverarsi e rifocillarsi, non sa che, al termine di un quarto di finale di coppa dei Campioni, tra Celtic e Milan, vinto 1 a 0 dai rossoneri a Glasgow, il grande Nick, ben conoscendo il tipico prodotto scozzese, annunciò: «A Dio piacendo, adesso andremo a berci un bel whiskaccio». Più cooling break di così...

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