“Giornalisti infami maledetti”. Nuova Ostia. Mentre i carabinieri portano in caserma Roberto Spada, accusato di lesioni personali aggravate dal metodo mafioso, gli abitanti del quartiere alla foce del Tevere lo difendono attaccando i cronisti arrivati sul posto. E questi sono i cittadini “simpatizzanti” del clan Spada. I cittadini “onesti”, invece, i lidensi come amano farsi chiamare, danno la colpa sempre ai giornalisti di infangare la loro città, parlandone male. Questo il clima. Piazza Gasparri, un giardino pubblico circondato da sbarre alte due metri per evitare che di notte tornino spacciatori e tossicodipendenti. Da un lato le case comunali acquisite 40 anni fa dal costruttore Armellini, dall’altro il mare con le spiagge date in concessione ai soliti noti e il nuovo porto di Roma. Case fatte con sabbia di mare che si sfaldano da decenni fanno da scenario ad alberghi a 5 stelle. Sotto le abitazioni ci sono i garage vietati persino a polizia e carabinieri. Qui l’attività principale è il riciclaggio di auto e motori rubati. Alla fine degli anni ’70 sulle volanti di polizia lanciano interi gabinetti, tanto che per anni per gli agenti la zona diventa off limits. Un campo di calcio, il Morandi, palestre di boxe (fra tutte quella di Roberto Spada) e l’associazione della famiglia, l’opera pro sinti.
Arrivando da via dell’Idroscalo (qui viene ucciso Pasolini) s’incontrano i palazzi Iacp, persino peggiori delle case Armellini. Via Domenico Baffico: palazzoni rossi lunghi chilometri diventati il triste scenario di incontri all’ultimo sangue fra pit bull. Un teatro attivissimo da una parte e una chiesa ben frequentata dall’altra sono le uniche speranze di chi è costretto a vivere qui. Per il resto è terra di nessuno, tanto che sono decine i commercianti costretti ad andarsene lasciando le loro attività proprio agli Spada. Una famiglia di origini sinte, imparentata con il clan Casamonica (ricordate il funerale del capostipite con carro trainato da purosangue al Tuscolano?) e i Di Silvio, provenienti dall’Abruzzo nei lontani anni ‘70. Si stanziano alla periferia estrema di Ostia, cavalli al seguito, ben lontani dai riflettori. Casette a due piani circondate da sofisticati impianti di allarme, leoni e cavalli rampanti alle entrate, per tutti gli anni ‘80 e ’90 gli Spada sono soprattutto folklore. E prestiti da usura, gestiti dai fratelli Vincenzo ed Enrico, “Pelè” Spada.
Poi arrivano i figli e allargano il giro d’affari: prima estorsioni poi il giro degli alloggi popolari, coordinati meglio dell’assessorato. A suon di tangenti. Per chi si ribella sono mazzate e sfratti forzosi. In via Marino Fasan, il cuore di Nuova Ostia, sono in molti ad aver assistito a scene drammatiche. Assegnatari legittimi costretti a lasciare il posto a famiglie disposte a pagare pur di avere una casa che non gli spetta. Una storia che, nell’ottobre scorso, costa 50 anni di carcere per sette componenti del clan. Tra questi Massimiliano Spada, 13 anni e 8 mesi di galera, Ottavio Spada, 5 anni, Maria Dora Spada, 7 anni e 4 mesi. Le accuse vanno dalle minacce, alla violenza, sfratti forzosi dagli alloggi popolari e persino una gambizzazione per affermare la supremazia sul territorio. Chi non è d’accordo con gli Spada la paga a caro prezzo. E quando i loro nemici passano a miglior vita gli Spada fanno festa.
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