Da quel tragico 23 maggio sono tante le testimonianze e i racconti che aiutano a capire meglio la reale situazione della funivia del Mottarone, costata la vita a 14 turisti. Come riportato dal Corriere, tra i dipendenti c’è anche chi non era a conoscenza della funzione dei forchettoni, ovvero che disattivano i freni. Altri ricordano addirittura di averli visti in funzione con passeggeri a bordo, durante il giro di prova, anche la mattina stessa della tragedia. Un giro di prova che si sarebbe invece dovuto svolgere a cabina vuota. Ma “Tadini voleva così”. Qualcuno ha assicurato di non aver mai partecipato a un corso di formazione.
Temevano di perdere il posto di lavoro
“Senta, lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati... ma io temevo di perdere il lavoro se avessi detto no” ha confessato un dipendente. Macchinisti, vetturini, agenti di stazione, bigliettai, gli addetti alla funivia, nove in tutto, sono stati ascoltati dagli investigatori e i loro racconti sono terribili. Denotano tutti una tragedia annunciata. Tra loro anche l'operatore che il fatidico giorno si occupò di controllare l'integrità delle funi: “Quella mattina, per la corsa di prova, non sono salito da solo ma con altre 12 persone, oltre al mio collega Zurigo. Questa è stata la corsa di prova quella mattina”. Turisti a bordo quindi, anche durante il giro di prova. Decisione criticata dallo stesso Tarizzo. Ma a deciderlo era stato Nerini che aveva detto: “il gruppo sale con voi". La notte precedente c’era stato un violento temporale e qualche precauzione andava presa. Ma è Luigi Nerini il titolare dell’impianto ed è lui che decide cosa deve essere fatto. Quella mattina, come raccontato dall’operatore, “c'erano lui e la signora Patrizia... sono andato a verificare le funi tenditrici. Ho fatto un controllo visivo puntando una pila su tutti i trefoli. Non c'erano anomalie. Dopodiché siamo saliti con le 12 persone sul Mottarone”. Alla domanda se fosse consuetudine fare il giro di prova con i turisti a bordo, Tarizzo risponde di no, ma che poteva capitare. Quei 12 passeggeri hanno rischiato la vita.
Forchettoni e cabina piena di turisti
Il perché la cabina sia precipitata al suolo ormai si è capito, colpa di quei maledetti forchettoni inseriti che disattivano i freni. Adesso gli inquirenti devono però capire chi erano gli addetti a metterli e quanti di loro erano a conoscenza del reale pericolo per i turisti. Diversi i livelli di consapevolezza tra i dipendenti. Per esempio, Patrizia Giannini, agente di stazione, ha affermato: “Non sono a conoscenza della funzione del forchettone. So solo che venivano messi a fine giornata, a impianto fermo e cabina vuota”. Diversa invece la testimonianza della collega macchinista, Stefania Bazzaro, che era invece a conoscenza dei rischi del dispositivo inserito. Qualche volta anche lei li aveva usati, con turisti a bordo, e anche in quei casi“era Tadini a ordinare l'applicazione dei ceppi sui freni d'emergenza anche durante il regolare funzionamento dell'impianto. Quando gli ho chiesto se dovessi toglierli lui mi ha risposto di lasciarli dov'erano che c'era un problema ai freni”.
Ha parlato invece di dimenticanze Il vetturino Ahmed El Khattabi: “È capitato di far viaggiare i passeggeri nella cabina con i ceppi. Per quanto ne so io succedeva quando l'addetto si dimenticava di toglierli. Ma è severamente vietato farle viaggiare così”. Fabrizio Coppi, agente di stazione, ha dichiarato di non sapere esattamente se la funivia possa viaggiare piena con i ceppi inseriti, lui li ha messi “e tolti diverse volte. Ricordo di aver chiesto chiarimenti a Tadini, quando mi ordinò di non levarli. Disse: prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole”. L’agente ha ricordato quando Nerini un giorno gli disse di stare tranquillo, che tanto non sarebbe successo nulla ebbene, il mese seguente Coppi dovette calare 38 persone da una cabina bloccata.
I corsi di formazione
La Procura di Verbania si sta soffermando molto anche su un altro aspetto: quello riguardante la formazione del personale. Coppi ha detto di non aver mai fatto corsi e di aver imparato sul campo, da colleghi più esperti di lui. Così come Alessandro Zurigo, prima vetturino e poi bigliettaio che ha raccontato di aver fatto solo una settimana di affiancamento con Tadini. E poi c’è anche chi, invece, il corso l’ha seguito, come il figlio del gestore, Federico Nerini, 22 anni, agente di stazione: “Ho effettuato un corso sulla sicurezza e antincendio qualche mese dopo la mia assunzione e un apprendistato in Dad di un mese”. Stesso discorso per il macchinista Bazzaro, il quale ha spiegato che “per svolgere le mie mansioni si viene affiancati a un operatore per un periodo e dopo si effettuano delle prove tecniche: io ho effettuato queste prove quasi subito”.
Insomma, si capisce che le decisioni venivano prese dall’alto e che i dipendenti, anche per paura di perdere il proprio posto di lavoro, seppur con qualche perplessità, obbedivano. Chi era al lavoro quel 23 maggio è corso a prestare soccorso, come il vetturino Massimo Ogadri che dal Mottarone ha ricordato di aver "visto del fumo salire in cielo dopo il pilone. Sono andato da solo sul posto, ho visto la vettura schiantata contro gli alberi.
Mentre mi avvicinavo ho trovato il primo cadavere, a una trentina di metri dal pilone a terra, dove c'erano i segni del primo impatto con il suolo... Sono entrato nella cabina, ho trovato un uomo che respirava ancora, ci ho parlato per qualche attimo. Poi è morto davanti a me”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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