La riscossa del siero autarchico

Era partita bene, la parola autarchia, quando tra gli antichi filosofi greci indicava l'auto sufficienza spirituale del saggio

La riscossa del siero autarchico

Era partita bene, la parola autarchia, quando tra gli antichi filosofi greci indicava l'auto sufficienza spirituale del saggio, capace di bastare a se stesso, di fare a meno delle cose e del mondo nella ricerca della felicità. Poi gli Stati l'hanno involgarita, facendola diventare la capacità di produrre da sé il fabbisogno nazionale. L'idea che uno Stato possa produrre tutto da sé - in buona qualità e quantità - cadde ben prima della globalizzazione, e oggi la si associa inevitabilmente a regimi che, preparandosi a una guerra, vogliono assicurarsi l'autosufficienza. È il caso, per esempio, della Corea del Nord. Da noi c'è ancora, nei più anziani e nei film in bianco e nero, il ricordo dell'autarchia fascista, nella seconda metà degli anni Trenta. La Società delle Nazioni aveva punito l'Italia per l'aggressione all'Etiopia decretando il blocco di alcuni rifornimenti, e Mussolini decise di rispondere con i «prodotti autarchici»: scarpe in cuoio artificiale, il Cuoital, e vestiti in lana sintetica, il Lanital. Venne promosso il pesce al posto della carne, il riso invece della pasta. Il caffè, divenuto un bene prezioso, venne sostituito dall'orzo, dalla cicoria, addirittura dalle ghiande. Il fenomeno si aggravò durante la Seconda guerra mondiale, il pane bianco, poi il pane tout court, divenne un bene raro e si parlava sempre con rimpianto della «roba di prima», dove «prima» non stava per prima qualità, ma per prima dell'autarchia e della guerra. Non è dunque un ricordo amabile, quello dell'autarchia - né speriamo di doverci ricorrere mai - tuttavia va detto che dette anche buoni frutti, non tanto economici, quanto scientifici e tecnologici. In particolare la chimica ebbe uno sviluppo notevole, per la ricerca di gomma autarchica, carburanti alternativi eccetera. Se ne sarebbero giovati anche gli anni dell'immediato dopoguerra, fino a quando il trionfo del libero mercato rese anche l'autarchia una «roba di prima». E tuttavia ci riempie tutti di allegria la notizia del vaccino interamente italiano, che si potrebbe produrre in 100 milioni di dosi all'anno rendendoci autarchici rispetto al Covid. A parte la soddisfazione per la qualità della ricerca italiana, di solito trascurata, e un orgoglio da vittoria della nazionale di calcio, è pur vero che la pandemia - globalizzandosi - ha dato un duro colpo alla globalizzazione.

Appena scoppiato il pericolo sono risorti piccoli e grandi sentimenti di quel che è mio è mio (le mascherine non te le do), il blocco dei confini, il vaccino l'ho fatto io e lo prendo prima io, io ho più soldi e ne compro qualche milione prima e più di te. Tale è il Sapiens: nonostante il nome che ci siamo attribuiti, con la sopravvivenza non si scherza.

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