Delle foto ingenuamente scattate dal telefono rubato e automaticamente salvate nel 'cloud', il server 'nuvola' sempre accessibile dal proprio smartphone tramite connessione internet, sono costate il carcere a un giovane di 24 anni. Marocchino e senza fissa dimora, qualche giorno fa aveva rubato a Milano la borsa a una signora, italiana di 59 anni. Dentro, uno smartphone di ultima generazione a cui la donna, che aveva denunciato il furto ai carabinieri, era particolarmente legata. Il giovane lo aveva tenuto per sé, e selfie dopo selfie immortalava se stesso con il telefonino rubato, i momenti della vita e gli amici, senza sapere che un'applicazione di nuovo tipo salvava ogni singolo scatto nel 'cloud' della vittima.
Dall'altra parte dello 'schermo', i militari dell'Arma scandagliavano in tempo reale il cloud, l'archivio automatico di foto scattate e documenti composti nel telefono, alla ricerca di elementi che consentissero di identificarlo. Sabato scorso il ragazzo, che nel frattempo aveva trovato ospitalità a casa di una ecuadoregna di 39 anni ignara di tutto, dopo essersi fotografato in sua compagnia, ha riprodotto il contratto con cui la donna era stata appena assunta: dal documento si desumeva l'indirizzo dell'abitazione, poco distante da via Novara.
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