Gli scafisti deridono gli italiani: "Facciamo 800mila euro a tratta ​e in patria diventiamo dei miti"

Ecco le conversazioni choc di tre scafisti rinchiusi in carcere: Quando torniamo, dobbiamo comprare una nuova barca. Speriamo di riempirla..."

Gli scafisti deridono gli italiani: "Facciamo 800mila euro a tratta ​e in patria diventiamo dei miti"

Il barcone naufragato viene raccolto da una nave mercantile che deve fare rotta nel porto del capoluogo ligure. Nonostante cerchino di confondersi tra i clandestini, gli scafisti vengono presi e sbattuti in cella al carcere di Marassi. Qui parlano liberamente, senza sapere della cimice che registra le loro conversazioni. Per loro essere arrivati a portare gli immigrati fino a Genova è un motivo di vanto. "Perché nessuno è mai arrivato fino qui - si lodano gli egiziani Idris, Hani e Abdalla - in patria diventeremo dei miti, quando tutti sapranno che siamo riusciti ad arrivare fino nel porto di Genova diventeremo famosi. Nessuno dei migranti è stato mandato indietro". Dietro alle sbarre parlano anche del risvolto pubblicitario che avrà il viaggio. "Quando sapranno che tutti quelli che erano a bordo - dice Mohamed, un loro connazionale recluso - sono entrati a Genova con il vostro viaggio lavorerete proprio tanto".

"I passeggeri sono degli scemi, spendono una fortuna anche 35mila lire egiziane (circa 3.500 euro) e poi più della metà viene rispedita. Sai quanto ha guadagnato il proprietario della barca? 8 milioni di lire egiziane (800mila euro)...". Le "cimici", nascoste dagli agenti della squadra mobile su mandato dei sostituti procuratori della Dda Federico Manotti e Federico Panichi, dimostrano come il giro d’affari dietro al traffico di esseri umani sia enorme: "Quando torno - dice Hassan - dobbiamo comprare una nuova barca... Speriamo di riempirla...". A quel punto Idris, uno dei leader della cellula, lo tranquillizza: "Stai tranquillo, giù di lavoro (inteso come passeggeri da trasportare) se ne trova sempre".

Ai detenuti nordafricani con i quali condividevano la cella del carcere di Marassi, gli scafisti facevano anche "lezione" su come si svolgeva la loro attività di trafficanti di esseri umani. "Partiamo alle 2 o a mezzanotte e prendiamo la fluka (piccolo gommone ndr) si caricano dieci persone per volta e si mettono sulla barca più grande- dice Hassan - se fai così è perfetto, nessuno ti spara se fai così". Il compagno di cella chiede il motivo per cui, per far prima, non usino due gommoni. Hassan controbatte: "Ci sono dei controlli sulla spiaggia con i cammelli. Sono per la sorveglianza?". Poi si interrompe e rivela: "Ma si possono corrompere con dei soldi... comunque la fluka non viene mai controllata". "I clienti migliori sono i siriani - dice Labib - loro hanno la certezza di non essere rispediti indietro e pagano fino a 5mila dollari".

Gli scafisti consigliano anche di usare il cellulare satellitare: "Devi sempre usare questo per telefonare, non il tuo - dice Hassan - quando poi arriva la guardia costiera lo butti in mare. A me hanno sequestrato il mio personale ma dentro non troveranno niente. Le telefonate importanti le ho fatte con quello che è in acqua!".

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