Scoperto l'algoritmo del Covid che prevede la seconda ondata

Così le ricerche su Google, i post sui social e le misure dei termometri "smart" possono pronosticare i nuovi picchi

Scoperto l'algoritmo del Covid che prevede la seconda ondata

Un team di studiosi dell’Università di Harvard, coordinati da Mauricio Santillana e Nicole Kogan, hanno scoperto l’algoritmo del coronavirus. E prevedono una seconda ondata. Secondo questo studio si riuscirebbe a prevedere, e quindi anticipare, eventuali picchi del virus. Con anche tre settimane di anticipo. Al momento la scoperta è stata pubblicata solo su un sito di preprint, appena sottoposto alla comunità scientifica.

Un algoritmo per prevedere i picchi di Covid

Lo studio in questione andrebbe a unire le ricerche su Google, i post su Twitter, gli studi portati avanti dagli esperti sulla piattaforma specializzata UptoDate, i dati relativi agli spostamenti ricavati dagli smartphone e le misure dei termometri smart della Kinsa, che mandano tutti i dati a un server unico centrale. Tutte queste informazioni vengono poi catalogate per importanza e messe nel modello matematico. Il test è stato fatto sullo sviluppo dei casi di Covid-19 negli Stati Uniti, nei mesi di marzo e aprile. In questo modo gli studiosi sono riusciti ad anticipare i picchi anche di 21 giorni. Per esempio, parlando di New York, il boom di positivi è stato anticipato grazie a una crescita di post su Twitter riferiti al coronavirus, e c’è stato un aumento anche delle misurazioni dei termometri e delle ricerche su Google. Il modello matematico avrebbe anche previsto che entro qualche settimana, se non si prendono immediatamente precauzioni, i picchi di positivi potrebbero toccare Nebraska e New Hampshire.

Il fallimento delle app per il tracciamento

“Penso che con il sistema si possa ottenere un preavviso di almeno una settimana. L’algoritmo si può affiancare alla sorveglianza tradizionale, aiutando a prendere le decisioni sulle misure” ha spiegato Mauricio Santillana al New York Times. La tecnologia è molto utilizzata durante la crisi pandemica, ma non quanto si dovrebbe. Prendiamo come esempio le app usate per il tracciamento dei casi, che secondo gli studiosi sono un modo necessario per evitare una diffusione incontrollata di nuovi focolai. Da quanto emerso dando un’occhiata alla pagina presente sul sito del consiglio d’Europa dedicata proprio all’intelligenza artificiale e al controllo del Covid-19, la Artificial intelligence and the control of COVID-19, nessuna Nazione avrebbe però superato il 20% di app scaricate.

Quella tutta italiana, Immuni, si sarebbe al

momento fermata al 5% della popolazione, interessando più o meno 3,3 milioni di smartphone. E pensare che questa sarebbe stata utile solo qualora almeno il 60% degli italiani l’avesse scaricata e utilizzata.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica