Se Harry Potter si trasforma nel ragionier Fantozzi

Nell'ottavo episodio, tratto dalla piéce teatrale, l'eroe è sommerso di lavoro e con prole. Ma l'oscurità sta per incombere di nuovo

Se Harry Potter si trasforma nel ragionier Fantozzi

Dopo la battaglia finale, c'è un posto in ufficio. Dopo il bagno di sangue, un cartellino da timbrare, e scartoffie e pratiche e incarichi a non finire. Harry Potter ha vinto la sua guerra, ha sconfitto il nemico, Lord Voldemort, e ha ucciso anche un po' se stesso, quella parte di se stesso in cui il Signore Oscuro si era insinuato, ed è risorto, come un immortale, dopo una visitina nel cielo dei suoi maestri e dei suoi antenati. Ha perso molti cari, ha sofferto, ha visto e superato perfino la morte. Harry Potter, l'eroe, ora è un impiegato. Lavora al ministero della Magia, ha tanto da fare: come un bravo funzionario, ligio e responsabile. Un travet dell'immaginario. Dall'empireo dei salvatori del mondo (magico e babbano) e ritorno, nella quotidianità della routine, del posto fisso, della famiglia da mantenere. A casa sono in cinque: Harry, la moglie Ginny, i figli James Sirius, Albus Severus e Lily Luna. La cicatrice, quella lasciata da Colui che non può essere nominato, non fa male da anni. Da diciannove per la precisione, quando il nemico è morto, nella battaglia di Hogwarts. È lì, alla scuola di magia, che i figli di Harry devono andare. Siamo rimasti tutti al binario nove e tre quarti, stazione di King's Cross, Londra. L'epilogo di Harry Potter e i doni della morte, il settimo libro della saga. L'ultimo, disse J. K. Rowling. Che però aggiunse: «Mai dire mai». Disse anche: «So che cosa succederà dopo».

Dopo che l'eroe si è salvato, dopo che lei non è riuscita a ucciderlo. Però. Se avesse scritto un altro libro - aveva precisato - forse il protagonista non sarebbe stato lui. Ora che l'ottavo libro è realtà, si sa che Harry Potter è alle prese con la normalità di una vita da impiegato statale, che il titolo è Harry Potter and the Cursed Child (cioè «il bambino maledetto») e che sarà in due parti. Uscirà il 31 luglio (giorno del compleanno di Harry e di J. K. Rowling), il giorno dopo la prima teatrale dello spettacolo omonimo, di cui è la sceneggiatura, e che andrà in scena sul palcoscenico del Palace Theatre di Londra. In Italia - spiega Salani, l'editore che ha pubblicato tutti i libri della serie - arriverà «non appena sarà tecnicamente possibile», mentre l'e-book sarà pubblicato da Pottermore, che è l'«editore digitale globale» di Harry Potter.Il testo teatrale, oltre alla firma della Rowling, porta quella di Jack Thorne (sceneggiatore e produttore) e del regista teatrale John Tiffany. Si dice che Tiffany e la Rowling si siano conosciuti nel 1995, due anni prima della pubblicazione del primo libro, Harry Potter e la pietra filosofale (che nel 2017 festeggerà i vent'anni), quando lei ancora scriveva nei caffè di Edimburgo, e frequentava anche un locale vicino al Traverse Theatre, dove il regista lavorava all'epoca.

Vent'anni dopo si sono ritrovati per realizzare insieme uno spettacolo che ha stabilito il record di biglietti venduti per il West End londinese: 175mila in ventiquattro ore. Spiega Tiffany che volevano «riportare indietro l'oscurità», e questo significa, forse, che l'eroe non è proprio anestetizzato. Che, come sempre nel mondo di J. K. Rowling, la magia e la normalità non sono antitetiche: sono la stessa storia. Solo che, magari, i protagonisti sono un po' cambiati. Harry è invecchiato: ha 36 anni. Ma l'eroe può invecchiare? Può mettere in un cassetto la sua bacchetta, quella gemella (ma diversa) di Lord Voldemort? Potter, che non ha mai amato la fama, che ha sempre schivato il potere e la burocrazia e le istituzioni, è diventato un Auror, un difensore dalle arti oscure. E però, se nel mondo l'Oscurità è stata cacciata via...Forse non è così. Forse a sperimentarlo, questa volta, sarà il figlio minore di Harry: Albus Severus. Lui si chiama come il maestro di Harry, il preside di Hogwarts Silente; e come Piton, «l'uomo più coraggioso che abbia mai conosciuto» come lo ha definito Harry. Albus Severus, l'ultima (e la prima) volta che l'abbiamo incontrato, nell'epilogo del settimo libro, stava per salire sull'Hogwarts Express, il treno dei piccoli maghi, per il primo anno di scuola. Aveva i suoi dubbi: in quale casa l'avrebbe spedito il Cappello parlante? Albus ha il peso del destino del padre e del suo nome sulle spalle. Ha il peso del passato, che non è mai chiuso nel cassetto: la cicatrice di Harry è sempre sulla sua fronte. C'è un padre che vorrebbe la normalità di una vita banale, e forse l'aveva anche trovata. C'è un figlio che non vuole l'anormalità del padre, ma forse non può sfuggire al male che non se ne è mai andato. C'è una maga, soprattutto. Si chiama J. K. Rowling.

Ha detto di sé: «Credo nel duro lavoro e nella fortuna». Una travet della scrittura che è diventata un'eroina. E, se il suo eroe è nella mezza età, è perché non ha voluto renderci tutti orfani. Harry Potter è invecchiato: come la Clodia di Catullo, aveva sempre avuto le sue rughe, ma solo la sua mamma, J. K.

, poteva intravederle. In fondo Harry voleva soltanto una famiglia che gli volesse bene, giocare a quidditch, divertirsi con gli amici. È l'oscurità che gli è piombata addosso, inaspettata. Potrebbe succedere di nuovo.Eleonora Barbieri

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