La partita tra colpevolisti e innocentisti è chiusa, Marcello Dell'Utri sconta una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Una sentenza discussa, ma la giustizia umana ha deciso. Si pone invece la prepotente urgenza di salvare una vita umana, quella di un signore 76enne gravemente malato le cui cartelle cliniche gridano vendetta contro una burocrazia togata che si mostra sfacciatamente indifferente alle ragioni dell'umana pietà.
«Mio marito non può aspettare. Passano i giorni e aumenta il rischio di un omicidio di Stato», dichiara al Giornale la moglie Miranda. L'ex senatore azzurro è ricoverato nel reparto infermeria del carcere di Rebibbia, le sue condizioni gli precludono il ritorno in una cella ordinaria. Non è un capriccio degli avvocati, la gravità della situazione è stata messa nero su bianco dal medico del carcere che, in una relazione del 10 maggio scorso, ha descritto un quadro clinico grave per le pluripatologie diagnosticate, tanto da definirlo «non compatibile» con il regime carcerario. Una presa di posizione adesso ribadita dal Garante nazionale dei detenuti che, al termine di una visita presso il penitenziario romano, ha espresso «seria preoccupazione per le condizioni evidenziate, anche in atti documentali», auspicando che «ogni decisione in merito al suo caso da parte della magistratura di sorveglianza non vada al di là di tempi ragionevoli, al fine di tutelare, qualunque sia la forma che verrà decisa, la sua salute che referti medici riportano come particolarmente critica. Si auspica inoltre che la decisione non sarà dilazionata e che saranno debitamente acquisiti tutti gli elementi dell'indagine sanitaria svolta, per una valutazione completa che certamente non si limiterà a mere sintesi conclusive».
Almeno due fatti recenti confermano la colpevole negligenza dei magistrati in un caso che coinvolge un uomo anziano affetto da «cardiopatia ischemica cronica» e ininterrottamente detenuto dal 13 giugno 2014. Lo scorso anno Dell'Utri è dichiarato «compatibile» dal tribunale di sorveglianza di Roma sulla base di una perizia sbagliata. In particolare, il perito definisce erroneamente la cardiopatia a rischio intermedio, omettendo di prendere visione dell'esame strumentale su supporto informatico, pur in presenza di una «discrepanza» tra le indagini cliniche a sua disposizione. Tale omissione viene denunciata alle autorità disciplinari competenti. La valutazione «ottimistica» del quadro clinico viene poi ribaltata sia dai consulenti della difesa che dal medico del carcere il quale, come si è detto, stabilisce la «non compatibilità» con la detenzione carceraria.
Inspiegabilmente il magistrato di sorveglianza, anziché uniformarsi al parere medico, rigetta l'istanza presentata dai legali che chiedono la fissazione urgente di un'udienza per far valere le proprie ragioni davanti a un tribunale.
L'udienza viene fissata per il prossimo 21 settembre. Avete capito bene: c'è un detenuto che per i medici rischia di morire dietro le sbarre, ma per i giudici può attendere altri quattro mesi. La morte bussa sempre due volte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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