Gli influencer, noti per scegliere con cura le loro battaglie, per lo più tacciono sul caso di Davide Giri, ucciso a New York da un esponente di una banda. Le prime ricostruzioni parlano di un "fanatico razzista che odia i bianchi". Questo è il profilo che circola su Vincent Pinkney, il responsabile dell'omicidio. La stessa persona che la stessa notte ha ferito Roberto Malaspina, un altro studente italiano della Columbia University. Un italiano morto ed uno miracolato o quasi: questo è il bollettino dei primi giorni dicembrini della Grande mela. Eppure, gli opinion maker, persino quelli che hanno contatti quotidiani con il mondo americano e newyorchese, tendono a dribllare la questione o comunque a non occuparsene con la consueta intensità.
Lo ha notato Francesco Facchinetti, che su Twitter ha scritto quanto segue: "Strano che per un ragazzo BIANCO e ITALIANO ucciso a caso da un delinquente a NewYork nessuno abbia voglia di scendere in piazza. Nessun influencer mobilitato. Nulla di nulla. Forse perché non fa like? Forse perché non fa notizia? Che profonda tristezza…". La riflessione non riguarda soltanto il composito emisfero degli influencer, ma pure una più generale opera di sensibilizzazione sul tema. La famosa società di chi sta sul pezzo. Un atteggiamento che risulta utile per gli episodi di violenza ma che, in questa circostanza, ha fatto rumore per il silenzio.
Non tutti gli utenti che commentano il cinguettio di Facchinetti concordano, ma più di qualcuno sì: "Esattamente!!! La cosa non fa notizia, quindi non si scomoda nessuno, non si inginocchia nessuno, non protesta nessuno!!! I veri fomentatori del razzismo sono proprio quelli che sottolineano le morti a seconda del colore della pelle, ma una morte è una morte sempre!", ha scritto uno. E un altro: "Forse non appartiene alla narrazione del politicamente corretto. Quindi nessuna genuflessione in pubblico". Vero: niente inginocchiatoi ed inginocchiamenti istituzionali.
Se esiste una cosiddetta narrativa dominate, esistono pure cause per cui ci si mobilita con maggiore facilità. E forse il caso di Davide Giri non rientra in questo novero. Vale sia per i sensibilizzatori perpetui sia per gli animatori del web. Non è un influencer ma qualche parola di peso l'ha pronunciata monsignor Marco Brunetti, che è il vescovo di Alba, la città d'origine del ragazzo italiano morto ammazzato: "Nel visitare la famiglia di Davide, papà, mamma fratello e sorella - ha fatto presente il vescovo, così come ripercorso dalla Lapresse - , ho potuto esprimere la vicinanza mia personale e della comunità cristiana albese e ho condiviso il dolore di una famiglia affranta per l'accaduto ma piena di speranza cristiana", E ancora: "I genitori - ha fatto presente il consacrato - mi hanno detto: 'Davide era molto di più di quello che i giornali hanno scritto, veramente onorava il quarto comandamento, onora il padre e la madre, e aveva un grande senso della famiglià".
Davide Giri era noto in zona pure per il suo impegno parrocchiale. Ma forse il tipo esistenziale presentato non si presta troppo bene alla narrativa dei fautori del politicamente corretto: non sappiamo e, al limite, possiamo solo sospettare. Sarebbe quasi inutile procedere con la lista di chi non si è speso: è deducibile. Si tratta di chi sembra sempre avere qualcosa da dire e che fatalmente, questa volta, opta per le divagazioni. La scena è ormai un classico. Un episodio di cronaca sconvolge il dibattito dei media. Gli influencer entrano a gamba tesa, costruiscono le loro certezze. A ragione o a torto: fanno opinione.
E le acque si muovono in direzione di questa o di quella consapevolezza. Questa volta no.Restano scolpite le parole di un vescovo che non può contare sui "big like", la presa di posizione di Facchinetti sulla mancata mobilitazione e poco più.
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