La notizia - è depositato in Parlamento un progetto di legge che equipara all'apologia del fascismo il possesso e l'elaborazione di materiale di propaganda fascista - è (purtroppo) di quelle che danno ragione all'amara battuta sugli italiani che, anche dopo la caduta del fascismo, sarebbero rimasti fondamentalmente fascisti, ma di due specie, fascisti e antifascisti.
Ora, se c'era qualcosa che ridicolizzava il fascismo e lo rendeva improponibile era, appunto, la sua trionfalistica propaganda. «Il duce ha sempre ragione» era un'affermazione tanto improbabile e paradossale da suonare ridicola agli orecchi anche di un fascista. E, allora, perché qualcuno ha avvertito l'esigenza di condannare la propaganda fascista come apologia di fascismo?
La ragione è semplice: l'Italia è passata dal fascismo all'antifascismo tanto velocemente da suscitare il sospetto che gli antifascisti, con le loro ridicole decisioni analoghe a quella citata abbiano finito col connotarsi come una nuova forma di fascismo. L'aura ridicola della propaganda fascista adesso si ripercuote sull'antifascismo. La cui propaganda, è altrettanto volgare e grossolana.Lo dico con cognizione di causa, perché sono cresciuto in una famiglia antifascista. Mio padre era un vecchio socialista definito «indegno di iscriversi al fascismo» (anche se non ne aveva alcuna intenzione), dopo avere risposto per le rime a un plotone di fascisti che gli aveva chiesto perché non portasse la camicia nera. Io non ho mai indossato la divisa di figlio della lupa perché mia madre si era sempre rifiutata di comprarla e farmela indossare adducendo la falsa giustificazione, accettata per buona anche da un paziente federale fascista che ne chiedeva la ragione, che non potevamo permettercelo in quanto troppo poveri. Dunque, l'Italia paga il costo di non avere elaborato culturalmente e politicamente che cosa sia stato il fascismo e perché sia durato tanto a lungo. È passata dal fascismo all'antifascismo quasi automaticamente e l'antifascismo ha mancato l'occasione di ripensare il fascismo e le ragioni della sua sconfitta che non fossero semplicemente le vicende della guerra.Ora, la presenza in Parlamento di un disegno di legge come quello citato ripropone una versione dell'antifascismo che assomiglia troppo al fascismo per essere accettabile e accettata.
Forse, approfittando delle circostanze, è venuto il momento di elaborare una storia del fascismo meno retorica e trionfalistica. Manomettere la storia non è una buon inizio per un Paese che voglia definirsi democratico-liberale.Piero Ostellinopiero.ostellino@ilgiornale.it- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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