Il New York Times boccia la spiaggia della Raggi

Come avvenne per "Spelacchio", anche "Tiberis" conquista la stampa internazionale e finisce sul New York Times non certo per la sua "bellezza"

Il New York Times boccia la spiaggia della Raggi

Ci risiamo: Roma finisce di nuovo sulle pagine del New York Times. Dopo aver eletto “Spelacchio” a simbolo del declino della Città Eterna, il quotidiano della Grande Mela non rinuncia a dedicare un approfondimento anche al Tiberis. Probabilmente sedotto dal richiamo della nostra stampa, che non ha esitato a definire lo stabilimento di Ponte Marconi “spelacchiato” come l’ormai defunto abete di Piazza Venezia.

Nell’articolo viene sottolineato lo scetticismo dei romani che “a stagione quasi finita” ancora attendevano la spiaggia promessa e poi le polemiche che ne sono scaturite. Poche sdraio, pochi ombrelloni, pochi ingressi e nemmeno una piscina. Allora a New York non hanno dubbi. Proprio come fu per l’abete di Natale, Tiberis è diventato il “parafulmine” perfetto su cui si è concentrata “l’insoddisfazione dei romani per il proprio sindaco” che, sottolinea pungente in New York Times, “sta entrando nel suo terzo e tempestoso anno di mandato”.

Vengono poi citate alcune delle tante parodie e freddure che hanno accompagnato il lancio dello stabilimento. Gli unici frequentatori della spiaggia? “I roditori”. Tante anche le testimonianze raccolte dall’autrice dell’articolo, e non ce n’è una che difenda l’operato dell’amministrazione. C’è quella del direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, che punta il dito sui “liquami non trattati” che sono scaricati nelle acque del Tevere e sul suo inquinamento. Quella di Tom Rankin, ex direttore della associazione Tevereterno, che definisce semplicemente “ridicola” una spiaggia senza acqua. E così via. Fino ad arrivare a quell’accordo sottobanco che Roma avrebbe siglato con il boss rom della zona.

Insomma, quella che ne esce è una bocciatura unanime, resa ancor più netta dalla filmografia evocata in chiusura. Sono tante le pellicole cinematografiche cha hanno reso celebri le acque del Tevere e i suoi argini.

“Poveri ma belli” di Dino Risi, “Fantozzi” di Luciano Salcio e “Accattone” di Pier Paolo Pasolini. Raccontano di tempi andati e di un corso d’acqua che allora sì che ancora stimolava la fantasia dei romani e la curiosità del mondo. Oggi, invece, nonostante il tentativo dei Cinque Stelle se ne tengono tutti alla larga.

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