"Statali a casa pagati", cambia la lotta di classe

"Perché i sacrifici li facciamo solo noi?". Scene di lotta di classe al tempo del virus, e con «classi» del tutto nuove rispetto alle categorie tradizionali

"Statali a casa pagati", cambia la lotta di classe

«Perché i sacrifici li facciamo solo noi?». Scene di lotta di classe al tempo del virus, e con «classi» del tutto nuove rispetto alle categorie tradizionali. Da una parte ci sono i dipendenti pubblici, dall'altra gli imprenditori, i professionisti, i lavoratori autonomi e i dipendenti del privato. La classe dei produttori che ha sempre tenuto in piedi lo Stato e il suo welfare insomma, e ora si trova in una difficoltà mai vista, per non dire alla disperazione. E anche per questo guarda con sempre maggior insistenza e impazienza dall'altra parte, a quell'ingente settore pubblico che si trova in una condizione di perfetta sicurezza e garanzia nonostante il lockdown, e probabilmente rappresenta buona parte di quel serbatoio di fiducia e consenso di cui sembra ancora godere il governo. I produttori no, non sono affatto garantiti, hanno tirato la cinghia all'inverosimile e ora chiedono: «Solo noi?».

Fatalmente il motore del Paese bloccato dal coronavirus si trova al Nord, nelle Regioni più colpite dall'epidemia, quelle che producono decine e decine di miliardi di residuo fiscale. Già «il partito del Pil» era in ansia per le sorti economiche del Paese, adesso la preoccupazione rischia di trasformarsi in disperazione. I numeri sono da ecatombe. A marzo il calo del fatturato delle medie e piccole imprese lombarde ha toccato il 63,5%, ad aprile è arrivato al 72,3%. Sono dati che Confartigianato ha ricavato da 3.700 interviste.

Ci sono interi settori in ansia e sono la spina dorsale del Nord. Attenzione: imprenditori e artigiani non sono estranei al dramma che hanno vissuto le loro città, rivendicano i sacrifici fatti per la salute di tutti, ma ora si è accesa l'ultima spia: non solo le imprese sono «in riserva», i margini sono quasi finiti - per molti già finiti - e senza una veloce ripartenza (in sicurezza) la macchina resterà ferma per sempre. Le organizzazioni chiedono di accorciare i tempi di riapertura dei settori più in ambasce vista anche la prospettiva di un altro mese intero di stop, e meccanismi di credito più veloci e meno farraginosi. E in ogni caso qualcuno si chiede: «Devo indebitarmi per pagare i debiti che ho già sotto forma di finanziamenti e mutui?».

Il presidente della commissione Attività produttive del Consiglio regionale lombardo, Gianmarco Senna, ha avviato un lavoro enorme di ascolto di queste categorie. E viene fuori l'idea di chiedere un contributo a tutti, se proprio si deve.

«Alla luce dei grossi sacrifici chiesti a settori produttivi che tengono davvero in piedi il Paese - dice - il problema c'è e sta montando, ci sono piccoli imprenditori e dipendenti che sono in gravissime difficoltà e alcuni mi dicono: abbiamo preso 600 euro come se fosse oro colato, non sappiamo quando partiremo, l'accesso al credito non si fa, si fa fatica a fare cassa integrazione ma qui a fare i sacrifici siamo solo noi. E gli altri, che non si stanno certo ammazzando di lavoro, che contributo danno?».

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