Quella strage nelle case di riposo: "Morto un ospite su dieci"

Il virus nelle Rsa è entrato anche con i dipendenti, ma spesso i tamponi non vengono fatti: ci sarebbero già migliaia di vittime

Quella strage nelle case di riposo: "Morto un ospite su dieci"

Spesso malati e soli, gli anziani sono protagonisti di una tragedia nella tragedia: una vera e propria piaga all'interno dell'emergenza Coronavirus, che vede loro in preda alla solitudine e all'abbandono. A preoccupare seriamente è la situazione nelle case di riposo, dove si muore senza farmaci sperimentali e senza alcun ricovero. Vi abbiamo parlato dell'agghiacciante fatto che si è verificato a Cingoli, località turistica delle Marche: su 40 ospiti di una struttura, di cui la metà non autosufficiente e costretta a letto, 37 sono risultati positivi al tampone. Ed è proprio sulle Rsa che l'Istituto superiore di sanità vuole fare luce: in Italia sarebbero circa 4.500, con 300mila persone ospitate (che hanno in media 85 anni) di cui il 60% soffre di una demenza. L'intento della ricerca è quello di capire qual è la mortalità legata al Covid-19.

Come riportato da La Repubblica, i dati sono da brividi: a Mediglia ci sono stati 62 decessi, a Lodi se ne registrano 50 e a Sassari 25. Fino al 30 marzo sono state censite 250 residenze nel Paese e quelle lombarde hanno visto quasi il 10% degli ospiti morire per il virus. Analizzando le 250 strutture del campione, la media degli ospiti di strutture deceduti è del 4%: la proiezione parlerebbe di migliaia di morti. Ma è molto frequente l'assenza dei tamponi nelle case di riposo: "Alle Rsa è stato scritto di trattare tutti i sintomatici come se avessero il Coronavirus e di procedere all'isolamento dei malati, non c'era bisogno di fare esami". A spiegare la situazione è Vittorio Demicheli: l'epidemiologo della task force della Lombardia ha avvertito che i decessi vanno contati dopo poiché si potrà capire "quanto il virus ha accelerato la morte di certe persone confrontando i dati di quest'anno con quelli di 3 o 5 precedenti".

"Ripensare l'assistenza"

Un'altra realtà acclarata è il fatto che spesso il Coronavirus è entrato nelle strutture mediante i dipendenti: non a caso il Ministero della Salute mediante una circolare ha informato che questi lavoratori e gli ospiti che hanno sintomi respiratori devono sottoporsi al test. Roberto Bernabei, geriatra del Gemelli e membro del Comitato tecnico-scientifico della protezione civile, ha assicurato che si tratta di un problema che coinvolge l'intero mondo in quanto si tratta di luoghi colmi di anziani, visitatori e personale: "Le Rsa sono un sostituto della casa, non un ospedale. Non poteva che andare così. Non ci sono colpe, è un fatto che fotografa la realtà".

Invece Sergio Venturi ha fatto sapere che allo scoppio dell'epidemia, parte del personale ha deciso di prendersi una pausa considerando anche la mancanza dei dispositivi di protezione: "Gli operatori conoscono meno di chi lavora in ospedale le procedure per la gestione delle malattie contagiose. Se per anni ti occupi solo di questi soggetti poi magari non è il tuo forte evitare di infettare o essere infettati".

Il commissario per l'emergenza dell'Emilia-Romagna ha annunciato che "l'assistenza agli anziani" va inevitabilmente ripensata al termine di questa emergenza, così come andrebbe rivisto il tema della gestione, "chiedere certe garanzie di sicurezza ai privati, sennò tanto vale che le Regioni entrino nella gestione di queste strutture".

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