Un compito duro, anzi durissimo, quello che hanno dovuto affrontare Marco e Roberto, due volontari della Croce Rossa partiti da Firenze per raggiungere Bergamo, una delle città più colpite dal coronavirus. Ma là c’era bisogno anche di loro. Dopo otto notti passate sull’ambulanza, adesso Roberto ha paura del buio. Sono arrivati nella città lombarda in piena pandemia, alla metà di marzo.
Il racconto di due volontari della Croce Rossa
Hanno affidato i loro ricordi all’Huffingtonpost. Hanno raccontato di quelle strade spettrali avvolte dalla notte, di nessuno in giro, se non volontari che mascherine, tute e occhiali protettivi. Una città fantasma, dove il dramma peggiore avveniva nelle case. A un certo punto hanno deciso di spegnere la sirena dell’ambulanza, un grido di terrore che squarciava il silenzio irreale e creava angoscia e paura in chi la udiva.
Quando sono partiti dal capoluogo toscano credevano di essere pronti, preparati a quello che avrebbero visto e vissuto. Ma nessuno poteva davvero essere pronto. Neanche Roberto che è volontario da 4 anni e Marco che di anni d’esperienza ne ha due. “Qui a Firenze non si sono viste le strade davvero deserte, la gente lasciata morire a casa, gli ospedali al collasso. Non si è visto un livello di saturazione del sangue che io credevo appartenesse solo ai cadaveri e invece registravo in gente ancora viva. Lassù si assisteva tutti i giorni a situazioni del genere” hanno raccontato. Già, perché in chi è sano, la saturazione è 98/100. Sotto i 94 la situazione comincia a essere preoccupante. Loro hanno trovato persone con 40. A quel punto non vi era nulla da fare. Se non decidere in pochi secondi della vita del malato.
Strappare le persone dalle braccia dei familiari
Sapendo bene che una corsa in ospedale non lo avrebbe salvato. Come dirlo ai familiari? “Avevamo solo gli occhi, solo lo sguardo. Le parole erano poche, perché c’era poco da dire. Ti facevano domande a cui non sapevi dare risposta. O non volevi darla, perché non era ciò che avrebbero voluto sentire. A chi ti chiedeva se le avremmo riportato il marito, cosa avevi da dire? Come potevi mentire, per l’istinto di dare conforto? Non avevi la forza d’animo”. Persone costrette a scegliere se salvare se stesse e i propri figli, oppure i genitori. Un sacrificio necessario, forse. Marco racchiude in una frase ciò che ha visto, perchè “la guerra divide le famiglie, così come ha fatto il covid. Uno dei nostri compiti era proprio questo: strappare le persone dalle braccia dei familiari”.
Portare via madri e padri da coloro che li amano, per salvare altre vite, quelle di coloro che rimangono. Strappare le persone ai loro cari, sapendo nel proprio cuore che difficilmente li rivedranno. Una notte Roberto, solo in ambulanza ad aspettare Marco, è stato raggiunto da una donna. Aveva bisogno di piangere con qualcuno, di raccontare della sorella morta, il cui corpo non sapeva neanche dove fosse. Hanno pianto insieme, nella notte buia di una Bergamo deserta. E poi un’altra donna che aveva dovuto scegliere se salvare i propri figli o la madre 70enne. Il rischio di contagio era troppo alto. Aveva quindi dolorosamente deciso di sacrificare l’anziana mamma.
Eppure non esiterebbero a ripartire
Dopo otto notti passate insieme, Roberto e Marco, all’inizio sconosciuti, sono quasi diventati fratelli, uniti da quell’esperienza traumatica che li aveva visti vicini, lottare contro un nemico invisibile.
Sono ancora sconvolti, ma, senza un attimo di dubbio, sono certi che se vi fosse ancora bisogno di loro, non esiterebbero un solo istante a ripartire. Anche se Roberto adesso ha paura del buio e difficilmente dimenticherà di aver strappato le persone dalle braccia dei familiari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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