L'allarme per la "desertificazione" del Meridione fu lanciato qualche anno fa dallo Svimez, l'associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, un ente privato senza fini di lucro istituito il 2 dicembre del 1946. L'allarme lanciato era estremamente preoccupante.
Negli ultimi anni vi erano più morti che nascite, come non accadeva dal 1918; la migrazione verso il Nord Italia o Europa era e rimane massiccia, come negli anni ’50-’60; e il numero di occupati era sceso sotto i sei milioni, e questo non succedeva dal 1977, quando l’Italia usciva dalla crisi energetica. Negli ultimi due anni i dati, sopratutto nel settore industriale, sono un po' migliorati, ma il quadro rimane estremamente preoccupante.
Secondo il rapporto Svimez 2017 l'economia pugliese nel 2016 ha "molto frenato (+0,7%) rispetto al positivo andamento del 2015, perché è andata male l’agricoltura, che ha un peso notevole nell’economia regionale, e i servizi sono rimasti pressoché stazionari. Anche le costruzioni in Puglia sono cresciute poco, mentre l’industria, nonostante tutto, è in ripresa rispetto alla caduta dell’anno precedente".
Lo Svimez è stato fondato da un gruppo di importanti personalità del mondo industriale e finanziario italiano che durante la Seconda Guerra mondiale decise di dare vita a un centro di ricerche e studi specializzato sul Mezzogiorno.
Sono cittadini privati, spesso anche settentrionali: tra loro Rodolfo Morandi, Giuseppe Paratore, Francesco Giordani, Giuseppe Cenzato, Donato Menichella e Pasquale Saraceno.
Obiettivo principale dell’Associazione è lo studio dell’economia del Mezzogiorno, per proporre a istituzioni centrali e locali concreti programmi di sviluppo delle Regioni meridionali.
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