Il tempo dei ministri muti

Il tempo dei ministri muti

Francamente non avevo capito, e tanto meno ora, dopo la testimonianza di Federico Ghizzoni nella commissione d'inchiesta sulle banche, quali siano state le ingerenze di Maria Elena Boschi e le pressioni della stessa, di Renzi e di Carrai per «valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria».

Il caso tiene banco da mesi e non accenna a placarsi, con l'indignazione di Travaglio per un presunto conflitto di interesse che consterebbe, in sostanza, nel non essere consentito a un ministro che non sia quello delle Finanze di interloquire, incontrare, parlare, prendere un caffè con chiunque abbia a che fare con il mondo dell'impresa, dell'economia, della finanza. Se un ministro è anche un deputato deve limitarsi a parole di circostanza, ad auguri o condoglianze. E, se è una donna, ad accettare inviti a casa dell'uomo, nudo di titoli e funzioni, alle 8 del mattino. Non si permetta di accennare a un problema reale che interessa cittadini impotenti ostaggio di banche decotte. Diverso sarebbe il conflitto se Boschi avesse chiesto indebito aiuto, ma la sua versione è limpida e chiara: «Io non ho chiesto di acquisire una banca, ho chiesto se Unicredit fosse interessata o meno».

Un ministro di Arezzo non può farlo, per salvare, con soldi privati, una banca di Arezzo. Il modello di chi odia la Boschi è la «Muta» di Raffaello. Solo così non vige il conflitto di interessi. È iniziata per i ministri l'ora di tacere.

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