È prudente scarcerare un sospettato di istigare al terrorismo? Una domanda decisiva, specie nel caso di un nordafricano in procinto di lasciare il carcere nonostante le accuse di istigare alla jihad sui social network.
Per il publico ministero si tratta di un soggetto "molto pericoloso", che "ci ritroveremo sui giornali". A essere descritto con queste parole è il marocchino 26enne Jalal El Hanaoui, arrestato a Ponsacco, in porovincia di Pisa, oltre un anno fa.
L'accusa era grave, specie di questi tempi: quella di istigare al terrorismo tramite Facebook. In attesa della sentenza di primo grado, prevista per il prossimo autunno, i giudici hanno deciso di scarcerarlo, comminandogli gli arresti domiciliari, con il braccialetto elettronico. Proprio come uno dei due terroristi di Rouen, che la scorsa settimana hanno ucciso un prete mentre officiava la Messa in un paese della Normandia nelle quattro ora di libertà concesse dal regime di libertà vigilata.
Di fronte alla decisione di far uscire Jalal dal carere di massima sicurezza di Prato dove era detenuto, il pm della Direzione distrettuale antimafia, Angela Pietroiusti, ha lanciato un accorato appello perché il sospetto radicalizzato rimanga in prigione. "Non va liberato, se non volete vedere la sua foto sul giornale per qualche attentato": un monito chiarissimo e inquietante, che però non è ancora stato accolto dal Tribunale del Riesame.
E anche qui spunta un'altra analogia con i terroristi
di Rouen, per cui il pubblico ministero aveva chiesto la permanenza in galera, contro la scarcerazione proposta dal tribunale. Bastava il braccialetto elettronico, si era detto. Purtroppo si è visto che così non è stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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