Pioveva sulle due bibbie su cui ha giurato e il pastore protestante che ha parlato dopo il rabbino ha detto che la pioggia è un segnale divino e il segnale è stato abbastanza intenso. Folla enorme, gente incappucciata con teli di plastica e insomma non è stata una giornata meteorologicamente radiosa quella di ieri a Washington, ma politicamente tutto è andato molto bene, quasi trionfalmente.
Obama, che ascoltava con molta concentrazione, faceva piccole smorfie di assenso e si sono visti i segni del suo sorriso nei momenti più patriottici del discorso di Trump che era molto cadenzato per chiamare gli applausi che del resto arrivavano con grande generosità. Tutti si chiedevano se il nuovo presidente avrebbe chiuso le ferite del passato, o se avrebbe versato altro sale su di esse. Il discorso è stato tutto dominato da una sola idea portante, un solo leit motiv: gli americani tutti insieme si stringono in un grande patto di solidarietà e penseranno prima a se stessi, ai loro posti di lavoro, alla loro sicurezza e poi forse agli altri. Le strade erano bagnate, i soldati zuppi anche loro, non volavano uccelli ma soltanto lontani elicotteri e Hillary Clinton, che vestiva di un colorino biancastro, era più bianca del suo vestito. Suo marito Bill, non più protagonista o coprotagonista della storia americana, se ne stava buono, seduto o in piedi. Melania con il suo vestito color madonna di paese era molto attenta a camminare al passo del suo sposo quando dovevano muoversi e non dava particolari segni di emozione. Michelle Obama ha retto bene la sua parte e il nuovo presidente le ha dedicato parecchi secondi in più baciandola su entrambe le guance. Lei ha risposto con un sorriso diplomatico ma cordiale. Sembrava una rimpatriata di vecchi amici e vecchi nemici, interrotti ogni tanto dagli officianti della cerimonia. Pochi americani di pelle nera, percentualmente parlando. Trump è l'eroe del ceto medio che è prevalentemente bianco, così come era totalmente bianco l'elettorato di Bernie Sanders, considerato un radicale di estrema sinistra. Paradossalmente, Trump e Sanders, che non si è visto alla cerimonia, corteggiavano lo stesso elettorato bianco che perde il posto di lavoro, perde l'assicurazione sulle cure mediche, vede avanzare una marea di latinos che portano via i posti di lavoro più scadenti, ma creando problemi di coesistenza sociale.
Faceva un curioso effetto vedere, un'ora dopo il presidente Trump al tavolo da lavoro circondato dai nipotini mentre Obama stava pronunciando l'ultimo discorso a braccio per salutare i suoi supporter e commuoversi parlando dei militari, Trump firmava documenti d'ufficio ridendo, e Obama tesseva una sorta di lirica spontanea sulla natura spontanea della democrazia americana. Insomma, il primo obiettivo, rassicurare sulla volontà di unire e non di dividere, è stato raggiunto a pieni voti, consolidato dalle immagini del più anziano presidente della storia americana, circondato da bambine affettuose, bambini in braccio alle mamme, mentre firma con una penna molto nera le nomine dei membri del suo gabinetto di governo. Anche Paul Ryan solitamente così accigliato e ostile, appariva rilassato dopo la lunga stagione in cui ha contrastato aspramente la campagna elettorale del presidente vittorioso. Melania ha sorriso poco e alla fine la coppia Clinton appariva meno tesa, mentre Rudolph Giuliani, il mitico sindaco dell'undici settembre, appena nominato responsabile della sicurezza informatica, rideva appagato e felice.
Da notare uno dei passi più importanti e poi subito discussi del discorso pubblico di Trump, quello in cui ha detto che mentre «Washington fioriva, il popolo non godeva della stessa ricchezza» perché «l'establishment proteggeva se stesso, ma non i cittadini del nostro Paese».
Il New York Times, lealmente annotava che ciò è perfettamente vero: la capitale degli Stati Uniti è diventata in dieci anni, gli anni di Obama, un gioiello di prosperità e di raffinatezza, mentre il ventre molle delle periferie seguitava e seguita a marcire.
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