Siamo la maggiore potenza culturale. Ma non lo sappiamo

Siamo la maggiore potenza culturale. Ma non lo sappiamo

Quando noi pensiamo al Rinascimento, quando il mondo pensa al Rinascimento, pensa a qualcosa che supera anche le motivazioni religiose. Michelangelo è ammirato dai cristiani come dai musulmani come dagli induisti, perché essi vedono nelle sue opere qualcosa che corrisponde non alla loro religione, alla loro visione del mondo, bensì a qualcosa che sta più sopra, che sta più in alto e, allo stesso tempo, è loro più intimo.

Allora mi è sembrato che la parola Rinascimento meritasse di sostituire quelli che un tempo erano riferimenti di appartenenza ideologica: liberale, socialista, comunista. Culture perdute, culture dimenticate, culture cancellate, umiliate. Ma come potremmo umiliare il Rinascimento? Come potremmo non pensare che lì abbiamo la potenza dell'Italia davanti al mondo? Non c'è un potente che non entri e non si meravigli in quel Vaticano che è il punto massimo di espressione della civiltà umana. L'Italia è la prima potenza culturale del mondo, eppure ha una classe politica che ne è totalmente inconsapevole, incapace di capire che il nostro futuro si deve giocare nel patrimonio artistico, ed è lì che bisogna investire. Da tempo ho in mente un ministero del Tesoro dei Beni culturali, che dia il senso di cos'è il Tesoro, del fatto che gli Uffizi non valgono meno della Volkswagen (...). Se non capiamo questo, il nostro destino sarà sempre quello di essere gli ultimi quando siamo i primi: ecco perché ho ritenuto di caricare di valori questa idea di un progetto politico. Senza paura, e anzi con il coraggio che quelle grandezze mi danno.

Non devo essere orgoglioso di Michelangelo, di Leonardo, di Bramante, di Palladio? Di cosa devo essere orgoglioso? Noi viviamo in una specie di delirio per cui tutto ciò che non ha valore assume un significato di riferimento. No, torniamo ai riferimenti veri. In questo progetto c'è l'orgoglio di essere italiani, e anche di essere cristiani. Essere atei certamente potrà avere un significato nella coscienza, ma, come diceva Benedetto Croce, in nome della civiltà che noi siamo, non possiamo non dirci cristiani. Il che vuol dire che il Cristianesimo è un insieme di valori di appartenenza e ha dato la testimonianza più alta che poteva dare, quasi come Dio. Non esiste religione che abbia espresso tanta bellezza come la religione cristiana, quantità infinita di meraviglia: di musica, di architettura, di scrittura. Nessun valore è più certo, fisico, concreto, dimostrativo di un'esistenza di Dio indimostrabile. Eppure, se sei davanti al Giudizio universale della Sistina, Dio c'è, lo vedi: resiste al tempo e resiste anche al dubbio. Cacciare la Grecia dall'Europa, e magari anche l'Italia? Se l'Europa esiste, è in nome dei valori della civiltà greca e romana, cristiana e rinascimentale. È come togliere all'Europa il proprio fondamento. I valori della civiltà sono valori patrimoniali, vanno indicizzati come valori economici.

Benché io sia polemico verso molte iniziative dell'Unesco, è anche vero che, da quando l'Unesco ha rivendicato le Langhe e il Roero come patrimonio dell'umanità, da duecentomila turisti si è passati a un milione e duecentomila e i valori delle case sono cresciuti. Ciò vuol dire che con la cultura si mangia. L'Italia, dove funziona, è un luogo meraviglioso; dove non funziona, è perché lo Stato non c'è. La mafia domina dove lo Stato non c'è, e domina privatizzando ciò che è di tutti e sottraendo i beni comuni. Ecco allora la Terra dei fuochi. Quale luogo è più fertile? Quale produce i migliori pomodori, la migliore lattuga, le migliori mozzarelle? Qui, in questo dominio meraviglioso, la mafia deposita rifiuti tossici sotto terra. Com'è possibile? Una specie di penitenza, di punizione divina? I luoghi più belli, umiliati.

Un tempo, i grandi intellettuali, artisti, scrittori viaggiavano dal Nord Europa verso il paradiso che siamo noi: Montaigne, Winckelmann, Goethe e Stendhal cominciavano già a Verona a sentirsi come a Sorrento, perché iniziavano a sentire il profumo del giardino del mondo. (...) Ora assistiamo a un inverso, terribile e molto complesso viaggio dal Sud verso il Nord. Siamo in una posizione fatale. Dal Nord scendevano per motivi di bellezza, dal Sud salgono per disperazione.

Noi siamo stati e continuiamo a essere il punto di fusione di diverse ragioni che danno un'indicazione del nostro primato, della nostra importanza. Dobbiamo assumere tale indicazione in maniera radicale, fino in fondo.

Vittorio Sgarbi

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