Violenza sulle donne, le leggi da sole non bastano

Il degrado culturale, ancor più di quello economico, è la prima causa scatenante di ogni violenza. Le leggi non bastano: occorre creare un contesto culturale che induca alla responsabilità, alla cooperazione, al rispetto dell’altro

Violenza sulle donne, le leggi da sole non bastano

Il tema della violenza sulla donna, lo sappiamo, è quanto mai attuale. Sono personalmente allergica a qualsiasi forma di categorizzazione generalizzante: l’uomo sfrutta, la donna è sfruttata; l’uomo è violento, la donna subisce. Allo stesso modo non condivido il politicamente corretto che impone l’uso del maschile e del femminile. Come se fosse una semplice questione di forma. Certo, talvolta la forma è anche sostanza, ma non su questo fronte.

Ovviamente, è assurdo il negarlo, ci sono purtroppo ancora realtà in cui il ruolo lavorativo, sociale, oserei dire umano, della donna non è riconosciuto, valorizzato, tantomeno rispettato. Ancora numerosi i casi di violenza. Inaccettabile. Occorre, pertanto, necessariamente agire subito, ma non creando divisioni o categorie, anzi unendo gli sforzi. Non si elimina la violenza creando divisioni o innescando forzature. Ogni persona non dà il proprio contributo alla società perché è di genere maschile o femminile: dà il proprio contributo in virtù di quel senso di fratellanza che deve legare tutti i cittadini. Su questo concetto di cittadinanza “fraterna” occorre insistere. È ovvio che sono concetti che devono essere instillati nelle menti di tutti, fin dai banchi di scuola, ma, ripeto, la prospettiva deve essere quella dell’unità.

Il rispetto della donna e dei suoi diritti non deve essere visto quasi fosse una sorta di rivalsa nei confronti dell’uomo, al contrario deve essere visto come il naturale sviluppo di una educazione. Io non voglio che i miei diritti debbano essere difesi perché sono una donna: voglio che i miei diritti siano tutelati in quanto membro di una comunità umana, in quanto cittadina di uno Stato di diritto. Ma a questa consapevolezza si arriva, innanzitutto, con un certo grado di maturità che consente di superare le inutili polemiche, le separazioni.

L’educazione al bene, al senso di responsabilità individuale e sociale sono i mezzi per abbattere qualsiasi forma di discriminazione. La lotta alla violenza sulla donna passa dalla cultura, dalla educazione dei ragazzi e delle ragazze. È fondamentale che i giovani siano educati al rispetto di sé e dell’altro, del proprio e dell’altrui corpo, della propria e dell’altrui identità. È importante che nelle scuole si affrontino questi temi: a volte, ad esempio, l’educazione sessuale si riduce solo all’utilizzo consapevole degli anticoncezionali. Tutto questo non è serio e non è dignitoso, né per l’uomo né per la donna. È riduttivo. Quanti preadolescenti vedono nell’altro solo lo strumento per la soddisfazione della propria sessualità? Si rende quanto mai necessaria una educazione delle relazioni, dell’altruismo di contro ad una mentalità egoistica, di una donazione di sé che diventa tutela dell’altro e responsabile generatrice di vita. Questa prospettiva altruistica diventa poi la chiave che fa uscire dalle situazioni di isolamento familiare, dal silenzio omertoso nel quale molte violenze avvengono.

Il degrado culturale, ancor più di quello economico, è la prima causa scatenante di ogni violenza. L’educazione al rispetto di sé e degli altri, alla responsabilità che diventa corresponsabilità, alla prospettiva del dono che vince sull’egoismo, al dominio di sé sono tutte vie che conducono ad eliminare il fenomeno della violenza, in qualsiasi forma esso si manifesti. Non si può parlare di lotta alla violenza sulla donna prescindendo da questi temi: è necessario, invece, aprirsi ad una prospettiva di cittadinanza attiva e responsabile.

È chiaro che il ruolo della famiglia, della scuola e di qualsiasi altra agenzia educativa è essenziale per eliminare ogni forma di violenza. Le leggi non bastano: occorre creare un contesto culturale che induca alla responsabilità, alla cooperazione, al rispetto dell’altro.

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