"Il virus circola in Europa da molto tempo, almeno da un mese prima rispetto a venerdì 21 febbraio, quando sono stati diagnosticati i due casi di Vo'. E questo, ora, rende del tutto inutile la ricerca del paziente zero". Ad affermarlo in un’intervista rilasciata a Repubblica è Francesca Russo, la dottoressa alla guida dalla Direzione prevenzione e sicurezza alimentare del Veneto. È il caso dei due anziani contagiati a Vo’ che fa pensare che il Covid-19 già circolasse sotto traccia da settimane prima della rilevazione del primo contagio in Italia. I due anziani, di 86 e 88 anni, vivono da soli in due diversi quartieri del centro storico di Vo’.
Non sono mai stati in Cina, non sono entrati in contatto con persone provenienti dalla Cina, non hanno frequentato luoghi a rischio. I loro parenti sono risultati tutti negativi al Covid-19. Un mistero, che dovrà chiarire l’indagine epidemiologica dei cacciatori del paziente zero. Francesca Russo, che guida i medici dei Servizi di igiene e sanità pubblica delle Asl coinvolte nell’epidemia, ipotizza che il contagio a Vo’ possa essere stato causato da qualcuno proveniente dalla Cina, “perché – spiega - il cluster è molto ampio ed è legato alla frequentazione di un locale pubblico". Ma, secondo quanto afferma, sarà impossibile confermarlo: "Riteniamo che il virus circolasse sotto traccia da tempo, insieme con il normale virus influenzale. Nei soggetti debilitati, però, ha provocato polmoniti. Il virus è arrivato in Europa in un momento imprecisato e ha dato luogo ai primi contagi in Germania, poi in Francia, e poi abbiamo avuto i nostri. Può essere stato portato in Italia da chiunque".
L’ipotesi è che a Vo’ il contagio (confermati 78 casi ad oggi), “possa essere stato causato da qualcuno proveniente dalla Cina, perché il cluster è molto ampio ed è legato alla frequentazione di un locale pubblico". Sono otto i soggetti di origine cinese residenti a Vo’, e sono risultati tutti negativi al test. "Sì, ma è anche vero – dice Russo - che due di loro erano tornati dalla Cina appena venti giorni prima dell'esame. Potrebbero essersi 'negativizzati', quindi stiamo facendo ulteriori approfondimenti". Vanno avanti a ritmo serrato le indagini del suo team a Marghera, presso l’Unità di crisi della Protezione civile. "In questo momento – chiarisce la dottoressa - rileviamo due situazioni di contagio: la prima è legata al criterio epidemiologico, cioè riguarda soggetti infetti che provengono dalla Cina oppure che si sono contagiati qui stando a contatto con loro; la seconda riguarda i casi che si sono manifestati perché il virus circola in Europa. Non è corretto dire in Italia, meglio dire in Europa". L’idea di Russo è che sarebbe stato impossibile bloccare il virus, perché - sostiene - “Essendo presente anche negli asintomatici, cioè in persone che stanno bene e non hanno tosse o febbre, non c'erano misure realistiche per proteggere il Paese dall'epidemia. E non sappiamo chi sia il paziente zero dell'Italia: può essere uno straniero, ad esempio un turista tedesco, francese o cinese, oppure un italiano di rientro dall'estero”.
Che il Coronavirus sia arrivato in Italia da settimane prima che si individuasse il paziente 1, lo pensa anche il professor Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano: “I quadri clinici gravi non fanno pensare che l’infezione sia recente. È verosimile che i ricoverati abbiano alle spalle dalle due alle quattro settimane di tempo intercorso dal momento in cui hanno preso il virus allo sviluppo di sintomi molto seri, dalla semplice necessità di aiutarli con l’ossigeno fino a doverli assistere completamente nella respirazione”. Lo dichiara a il Corriere della Sera, a cui esprime le sue preoccupazioni per l’emergenza sanitaria in corso: “Chi ha cercato di infondere tranquillità, e li capisco, non ha considerato le potenzialità di questo virus. In quarantadue anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria. È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme”. E per rendere l’idea descrive la giornata di venerdì: “In Lombardia erano 85 i posti letto occupati da malati intubati con diagnosi di Covid-19, una fetta molto importante di quelli disponibili. Per non contare il rischio di contagio al quale sono esposti gli operatori. Un carico di lavoro abnorme”.
Per Galli "bisogna continuare con le restrizioni, cercando di evitare il più possibile l’affollamento. Purtroppo il virus è entrato in Italia prima che si cominciasse a ostruirgli la strada con la chiusura dei voli dalla Cina. La penetrazione nel nostro Paese è precedente, circolava già prima della fine di gennaio anche a giudicare dall’impennata di questi ultimi giorni. Sono tutti contagi vecchi per la maggior parte. Risalgono agli inizi di febbraio, qualcuno anche a prima». Il primario spiega che la malattia ha uno sviluppo lento: “Ha più fasi e si esprime nella sua massima gravità anche a 7-10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi.
È molto probabile che dietro tutti i pazienti gravi ce ne siano altrettanti infetti ma meno gravi. Per usare un termine tipico dell’epidemiologia, questa è solo la punta dell’iceberg. Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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