Roma - Forte del suo 12% regionale alle ultime elezioni politiche e di una delegazione «percentualmente la più forte», forte della standing ovation con cui è stato accolto il suo intervento, Totò Cuffaro, governatore siciliano che sarà rieletto anche vicesegretario vicario nazionale, prova a far quadrare il cerchio. Si schiera decisamente con «Pier», ma ci tiene a sottolineare «il suo rapporto di forte amicizia e intesa» con Silvio Berlusconi, invita Giovanardi a ritirare la sua candidatura perché «non c’è una linea diversa», rivendica il suo ruolo di «granaio di voti» dell'Udc lanciando «una conferenza nazionale sul Mezzogiorno, sottolinea che il centrodestra vince e vincerà in Sicilia perché è unito e che la vittoria delle amministrative siciliane sarà un forte incentivo, 15 giorni dopo, per tutta l’alleanza nel resto d’Italia. E vincere le amministrative sarà un «vero e forte segnale politico per mandare a casa Prodi».
Presidente Cuffaro, si dice che lei ha vissuto con molto imbarazzo lo strappo voluto da Casini nei confronti di Silvio Berlusconi, con cui ha sempre vantato un rapporto diretto. Il suo antico maestro, il senatore Calogero Mannino, sostiene che andare oltre l'Udc significa non fermarsi alla questione «leadership - sì - no» di Silvio Berlusconi, ma chiedersi perché il centrodestra così com’è rischia di sclerotizzarsi...
«Io rivendico l'azione dell'Udc e di Casini e rilancio l'alleanza con Fi. Parto da una domanda: dove vuole andare il mio partito? La risposta è semplice: verso il diritto alla vita, verso la famiglia, verso la solidarietà e la sussidiarietà. Siamo proprio sulla strada opposta della sinistra. Dalla stessa parte di Fi, di An e, lo affermo senza problemi, della Lega».
Detta così sembra semplice. Ma il sì di Casini al voto per l'Afghanistan ha significato il via alla doppia opposizione...
«Ci sono tante altre cose su cui stare insieme. Devo dire però che se il problema era mandare a casa Prodi ci sono stati momenti più adeguati. Per esempio, quando Napolitano ha rinviato il capo del governo alle Camere e noi avevamo proposto un governo istituzionale, di garanzia. Sarebbe bastato che Fi e An fossero stati d’accordo e Prodi non sarebbe più dov'è. Non hanno voluto».
C'è chi tra i siciliani di Fi sostiene che non è un «obbligo» la sua presenza a capo della Regione, e sono tante le liste delle prossime amministrative con evidenti contraddizioni...
«Non penso certo di fare il presidente a vita, né che la carica debba essere appannaggio dell'Udc. E questo vale per tutti; e per tutti i mandati provinciali e comunali. Il problema è che in Sicilia l'alleanza è compatta, grazie ai sacrifici nostri e dei nostri alleati. Adesso l'obiettivo è vincere alle amministrative, e in Sicilia vinceremo e, visto che è passata la mia idea di votare 15 giorni prima, questo influenzerà il resto d’Italia. L'avessimo fatto alle ultime politiche, i 25mila voti in meno non ci sarebbero stati!».
Il coordinatore regionale, Saverio Romano, a proposito di riforme elettorali propone il metodo siciliano.
«Proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento al 5%. Da noi ha funzionato e il referendum contro la legge voluto dalla sinistra estrema, non è passato. Vedremo».
La formazione delle liste vede in alcuni comuni strane alleanze tra voi e la sinistra...
«Il centrosinistra da noi è squinternato, l’alleanza del centrodestra è invece compatta al 95%. Ci sono alcuni casi molto locali, come Agrigento, dove comunque loro si presentano con cinque candidati. Il nostro è quello dell’Mpa, se perde, perde tutta la Cdl, sia chiaro. L’altro candidato di destra, Zambuto, per candidarsi è dovuto uscire dall’Udc».
Molti dentro l'Udc invocano la questione morale. Lei è sotto processo e così altri esponenti dell'Udc...
«La questione morale è una cosa seria, non posso che essere d’accordo.
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