Dopo aquiloni e soli, Hosseini trova risposte nella sua «Eco»

C'è un Khaled Hosseini pre-sovietico e uno post-sovietico. La caduta del «muro», questa volta mobile, costituito dall'Armata Rossa che tenne faticosamente al guinzaglio, negli anni Ottanta, il suo Afghanistan e che alla fine se ne andò con la coda fra le gambe, liberò nell'allora ragazzo la dimensione di scrittore. E la liberò grazie al passato da Mille e una notte di cui si alimentavano le sue letture. Perché fu la letteratura persiana (sua madre insegnava persiano in un liceo femminile di Kabul...) a popolare la mente del futuro bestsellerista, di concerto con la grande letteratura occidentale. L'Occidente, sul finire del XX secolo, per un giovane afghano di buona famiglia era come l'Oriente per un giovane italiano o francese o tedesco di famiglia buona o anche non buona dell'inizio del XX secolo, o della fine del XIX: un Far West di mistero e di affabulazione, di fascinazione e di educazione sentimentale. Così il Khaled Hosseini che milioni di lettori conoscono, quello liberatosi del «muro» sovietico, è nato contemporaneamente al polverone sollevato dalle macerie, visto che sotto le macerie lui ha trovato l'incanto della Letteratura e dei dollari.
Il cacciatore di aquiloni (2004) e Mille splendidi soli (2007) contengono quel doppio imprinting, che orizzontalizza fra Ovest ed Est le trame e le vicende dei personaggi. Ma se nel Cacciatore di aquiloni Amir e il padre fuggono in California, in Mille splendidi soli Laila e Tariq se ne vanno in Pakistan, che è pur sempre un «altrove», anche se limitrofo. Da anni la California non è più, invece, un «altrove», per l'ex medico e per il volontario dell'UNHCR (l'Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite) che ha creato la «Khaled Hosseini Foundation», ente non profit che fornisce aiuto umanitario alla popolazione afghana. Ci vive con la moglie e i due figli, per la precisione a San Josè: le stelle e le strisce gli sono entrate, oltre che nel passaporto, nel Dna.
Ora il tris di romanzi e titoli evocativi viene calato sul tavolo sotto forma di E l'eco rispose (sempre Piemme, come i precedenti, pagg. 456, euro 19,90, traduzione della fedele e puntigliosa Isabella Vaj). Ancora una volta, il filo conduttore avvolge e sorregge le vicende di una famiglia. E c'è una radice antica, quella di una leggenda smarritasi nella notte dei tempi narrata da un padre al figlio, a dare il «la». Poi ecco Parigi, San Francisco, le isole greche... Altri occidenti (e accidenti) che diverranno giocoforza familiari.

Verrebbe quasi da pensare a quanto scrisse, nell'esordio di una sua memorabile opera, un orientale-occidentale e occidentale-orientale di nome Lev e di cognome Tolstoj: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». Ma la cosa, detta dalla California, avrebbe tutto un altro sapore...

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