Le avventure molto milanesi di un pianista in guanti di pelle

Per William Orsini, nella Milano anni Novanta-Zero dei locali giusti, delle ragazze disponibili, dell'alcol che viene a noia, del successo mai cercato ma sempre, eventualmente, trovato, delle non belligeranti tribù dedite all'apparire e non all'essere, per quel personaggio talmente iper-moderno da essere, per assurdo, un classico, il signor Zucchero Fornaciari probabilmente è un vecchio che se la canta e se la suona.
Roba decisamente out. Ma a lui, al matusa Zucchero, potrebbe avvicinarlo a contrario, se soltanto volesse stare un attimo ad ascoltare, la famosa canzone ormai del tempo che fu: «Con le mani sbucci/ le cipolle./ Me le sento addosso/ sulla pelle», e via biascicando. Infatti Orsini, chissà perché (chi leggerà la sua storia lo saprà, grosso modo, il perché), le sue mani le tiene nascoste dentro un paio di guanti neri di pelle. Niente paura, di professione non fa lo svaligiatore di banche, sebbene le banche, a Milano, siano più numerose dei panettieri. Fa, meglio faceva, o tornerà a fare (e questo nemmeno chi leggerà la sua storia riuscirà a capirlo per intero) il musicista. Suona il piano. Ma siccome non è possibile suonare il piano con i guanti di pelle, ecco che William, dal momento in cui quell'indumento obbligatorio lo mette interamente a nudo, deve inventarsi un'altra vita.
William Orsini viene dunque preso per mano, è il caso di dirlo, da Daniele Cobianchi in Dormivo con i guanti di pelle (Mondadori, pagg. 200, euro 11). Nella sfiga, è caduto bene, perché Cobianchi, nato a Parma nel '70 ma milanese a tutti gli effetti, Milano e quel demi-monde musical-editorial-pubblicitario lo conosce a menadito e ha dichiarato in un'intervista, a proposito del suo libro: «Una buona campagna pubblicitaria può emozionare come una canzone o come un romanzo quando riesce a raccontare con lo storytelling tutto ciò che sta dietro a una marca... Io cerco di fare quello, di cercare sempre la storia, ogni volta che questo mestiere trasversale me ne offre la possibilità».

Trasversale è anche il destino del suo alter ego William, il quale ce la mette tutta per riciclarsi, canta e compone, s'innamora di Naike e si sbatte in giro per la città, si sottopone al tran-tran dei giri che contano pur, in cuor suo, disprezzandoli quanto basta. Volendo affibbiargli un padre nobile, quello giusto sarebbe il Pecorin di Michail Jur'evic Lermontov, perché anche William Orsini, in fondo, è Un eroe del nostro tempo. Anche se non lo sa.

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