È battaglia sul testamento di Gore Vidal

«Non comincerò dal principio perché non c'è principio, ma solo da un mezzo in cui tu, fortunato lettore, sei appena capitato, ancora ignaro di ciò che ti faranno nel corso del nostro comune viaggio nel mio intimo». Sta scritto in Myra Breckinridge, il romanzo satirico di Gore Vidal, e va bene come incipit di questa storia, che satirica non è, bensì tragica, e forse grottesca.
Riguarda l'eredità dello scrittore scomparso il 31 luglio del 2012. Nina Straight, sorellastra dell'autore di La statua di sale, ha lasciato letteralmente di sale quelli dell'Università di Harvard, avendo deciso, in pratica, di impugnare il testamento di Gore, dell'amato, dolce e bizzoso Gore, il quale un anno prima di andarsene decise di lasciare tutto proprio a quell'ateneo, peraltro da lui mai frequentato. La signora Nina sostiene che lui non era in grado di intendere e di volere, quando modificò le sue ultime volontà in tal senso. E il 22 novembre prossimo, alla Los Angeles County Court, se la vedrà con Andrew Auchincloss, figlio di un lontano cugino dello scrittore e fiduciario del «Gore Vidal Revocable Trust» che sovrintende alla gestione di un tesoro stimato 37 milioni di dollari. La Straight sostiene che Harvard continua a ricevere i diritti d'autore su 25 romanzi, 14 sceneggiature e 8 lavori teatrali e chiede che almeno una parte del copyright vada alle sue nipoti. Personalmente, si accontenterebbe di riavere il milione di dollari che anticipò per pagare le spese legali quando Gore fece causa al columnist Richard Buckley che lo aveva chiamato «checca» dopo che lui gli aveva dato del «cripto-nazista», a margine delle convention democratica e repubblicana del lontano '68...
Secondo Burr Steers, sceneggiatore, regista e soprattutto nipote dello scrittore, lo zietto dopo la morte del compagno di una vita, Howard Austen, avvenuta nel 2005, non era più lui, essendo divenuto schiavo dell'alcol e della demenza. Perenne stato confusionale ed allucinazioni se l'erano di fatto portato via in anticipo. Ecco perché le sue preziose firme in favore del celebre ateneo, lascia intendere, sarebbero poco più che carta straccia.


Jay Parini, ex esecutore letterario e autore di una prossima biografia di Vidal, ha detto al New York Times che «a Gore dispiaceva molto non aver mai fatto studi universitari, ma negli ultimi anni aveva sviluppato un rapporto di amore con Harvard». Ma per un viaggio rivelatore nell'intimo di Gore Vidal, ormai non c'è più tempo.

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