Che carattere quel Bodoni Anche meglio di Maradona

Era il principe dei tipografi, i potenti della terra facevano a gara per conoscerlo, si riteneva (a ragione) il numero uno. Tanto che lo esentarono dal pagare le tasse...

Che carattere quel Bodoni Anche meglio di Maradona

Maradona è megl' e Pelè, dicevano i tifosi del Napoli. Bodoni è meglio di Maradona, dico io che non sono tifoso di niente ma che di fronte al capolavoro del sommo tipografo non riesco a rimanere indifferente. Non è un dribbling, non è una rovesciata, non è nemmeno il fantastico gesto dell'ombrello rivolto a Equitalia, è molto di più (almeno per noi contribuenti vessati): è la completa esenzione dal pagamento delle tasse. Come riuscì a ottenere questo supremo privilegio non l'ho capito bene, nonostante abbia letto da cima a fondo Bodoni 1740-1813, il magnifico volume Cariparma-Ricci Editore pubblicato nel bicentenario della morte e in occasione della mostra parmense «Bodoni, principe dei tipografi».

I segreti dei fuoriclasse sono appunto segreti ma si sospetta che abbiano spesso a che fare con il conquibus: el pibe de oro veniva chiamato l'argentino, e tipografo d'oro poteva essere definito il parmigiano di Saluzzo, per via dello straordinario successo anche venale. La ricchezza naturalmente attira l'attenzione, e mentre a Maradona sono stati sequestrati, dagli zelanti agenti di Equitalia, prima due Rolex e poi un orecchino, a titolo di acconto per 39 milioni di tasse non pagate, a Giambattista Bodoni nel 1801 vennero rubati, dai soliti ignoti, i gioielli ricevuti in dono dai grandi d'Europa che erano tutti suoi fan. Oggi a Parma viene Beppe Grillo, e sembra chissà quale evento; allora passavano lo zar di Russia, l'imperatore d'Austria, i re di Francia, di Svezia, delle Due Sicilie, e perfino il Papa e Napoleone, e ogni volta la prima cosa che chiedevano era incontrare Bodoni. Da non crederci. Come se Obama, Putin, Papa Francesco, Hollande e la Merkel facessero a gara per omaggiare un bravo web designer di provincia (Parma era una capitale, sì, ma molto piccola, e di uno Stato che contava poco o niente).

Non ho scritto web per caso: quell'antica intuizione neoclassica arriva fino a internet, fino a noi. Bodoni inventò caratteri e impaginazioni che prima influenzarono tutta la stampa fra Sette e Ottocento e poi riemersero nella seconda metà del Novecento su copertine e vetrine di Einaudi, Rizzoli, Rinascente, Emporio Armani... Oltre che sulle pagine di tutto quanto ha pubblicato negli ultimi decenni Franco Maria Ricci, l'editore-collezionista-dandy che è il vero artefice del rinascimento bodoniano e di questo volumone talmente bello che, a dispetto delle dimensioni scomode, mi sono portato a letto per continuare ad accarezzarlo, a sfogliarlo, a leggerlo fin dentro il cuore della notte. Noi bibliofili siamo dei pervertiti, chiaro. Come dicevo l'influsso di Bodoni non si limita all'ambito cartaceo. Quando ho deciso di aprire un sito ho chiesto alla mia grafica di ispirarsi al blog di Terry Richardson, il fotografo che ha spogliato Lindsay Lohan, Lady Gaga e Miley Cyrus, insomma la quintessenza dell'americanità e della contemporaneità. Solo dopo averlo messo on line qualcuno mi ha fatto notare la somiglianza con le pagine di quella che negli anni Ottanta venne definita «la più bella rivista del mondo» ossia FMR, dalle iniziali (ovviamente stampate in caratteri bodoniani) del marchese Ricci. Non so se Richardson conosca Bodoni e il suo erede Ricci, ma non è importante, è importante che, magari attraverso mille passaggi e mediazioni, prenda a modello quella eleganza, quel nitore che da Parma conquistò il mondo.

Bodoni 1740-1813 è bello anche da leggere, non solo da guardare. Del sommo tipografo conoscevo i caratteri: Corrado Mingardi, Caterina Napoleone e gli altri storici coinvolti nell'impresa me ne hanno svelato il carattere. Oltre a essere «principe dei tipografi e tipografo dei principi» poteva aspirare al titolo di duca dei permalosi. Ugo Foscolo osò criticarlo per il ritardo nella pubblicazione di una Iliade e lui gli diede dell'invidioso, del «baron fottuto», dello «pseudogreculo di pel rosso». Meno male che ancora non esisteva la televisione, altrimenti anche in quella occasione poteva scapparci un poco neoclassico gesto dell'ombrello. Altissima era la considerazione che aveva di se stesso: così come davanti a Maradona è meglio non nominare Pelè, con Bodoni era meglio non citare concorrenti passati e presenti (Garamond, Baskerville, i Didot...). Quando pubblicò il Cimelio tipografico-pittorico, esempio di virtuosismo compositivo, si diede da solo dell'insuperabile, anzi di più: dell'impareggiabile.

Non ne dubito, ma continuo a

considerare suo irraggiungibile capolavoro l'esenzione dal pagamento delle tasse che gli venne concessa nel 1807. Per giunta durante l'occupazione napoleonica, a lui che era sempre stato un borbonico. Un campione, un asso.

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