Così gli artisti «di tendenza» rubano il lavoro ai comici

Così gli artisti «di tendenza» rubano il lavoro ai comici

I l libro più divertente e perfino istruttivo sul circo dell’arte contemporanea è stato scritto da un signore noto ai più come attore comico: Steve Martin. Oltre ad avere interpretato esilaranti ruoli in Roxanne, I tre amigos e nel remake della Pantera rosa, Martin è un appassionato e collezionista di pittura del ’900 e spesso si diverte a recensire le mostre sul New York Times. Oggetti di bellezza (ISBN, pagg. 304, euro 19,90) rivela peraltro le doti letterarie di Martin che scrive un romanzo ambientato a Manhattan tra il 1990 e oggi. Voce narrante è Franks, provinciale di Stockbrige, aspirante critico, ma la protagonista è donna e si chiama Lacey Yaeger. Affascinante e cinica, usa il corpo quanto l’intelligenza per scalare il sistema dell’arte dal gradino più basso (archivista per Sotheby’s) fino all’empireo delle grandi gallerie di Chelsea prima che nel 2008 la bolla esplodesse. Lacey vuole fare soldi e si rende conto che la lussuria, la brama del possesso rende gli uomini manipolabili. All’inizio traffica in pittura americana dell’800 - un primo colpo lo mette a segno rivendendo un dipinto di Milton Avery - e impara in fretta che il contemporaneo non si fonda sul valore intrinseco dell’opera ma è determinato dal contesto, soprattutto il museo, come il Guggenheim, «auspicabile capolavoro che si avvita su se stesso come un cavatappi».
Dopo un periodo di relativa bonaccia nel 1997 esplode il mercato, Lacey viene licenziata da Sotheby’s, diventa assistente di un potente gallerista e l’amante occasionale di un mercante francese, si trasferisce in un lussuoso appartamento uptown ma quando ha bisogno di energia scende downtown dove spuntano come funghi i nuovi spazi del contemporaneo e si muove la fauna artistoide con le sue frasi fatte e i suoi comportamenti stereotipati. Secondo Steve Martin il cambio di mentalità, quando il personaggio prende il posto dell’artista, nasce con Warhol: «Andy come una talpa riuscì a scavarsi una tana nella storia dell’arte e divenne noto con il solo come di battesimo, come Gesù o Madonna». A questo punto non hanno più senso i movimenti e le correnti perché l’arte diventa il territorio della coesistenza tra il gigantesco e il minuscolo, tra il minuzioso e il raffazzonato, tra le tonnellate di ferro di Richard Serra e l’autoritratto sull’aspirina di Tom Friedman. Il collezionista determina il successo di un artista con lo stesso atteggiamento di chi fa shopping e sceglie una borsa o un’altra, distorce il senso estetico dell’arte per qualche anno e poi ricomincia da capo. In questo mondo di apparenze, l’arte contemporanea diventa preziosa per decreto, e ciò non piace affatto a Steve Martin legato alla idea novecentesca della bellezza.
Piuttosto, l’artista sta prendendo il posto del comico, grazie soprattutto al talento burlesco di Jeff Koons e Maurizio Cattelan. L’altra categoria che si impone è quella del giovane artista: nessuna dote particolare tranne quella di far sembrare vecchio tutto quello che è venuto prima, come i crooner dopo Elvis. Persino Picasso è un pittore per ricconi antiquati. Sembra proprio che Martin sia un attento osservatore dei riti del vernissage e si diverta a prenderli in giro, sottolineando il divario terminologico tra gallerie classiche e tutto ciò che accade sotto la 27ma strada, che viene descritto con il linguaggio dell’arte «relazionale», un gergo che si trastulla in incomprensibili formule critiche.
Quando Lacey decide di mettersi in proprio e aprire la sua vetrina a Chelsea accanto a Gagosian e Mary Boone il mondo le crolla intorno insieme alle due torri. Eppure il sistema si riprende, e anche in fretta, quasi che la guerra fosse lontana, combattuta da altri. Si aprono nuovi mercati, in Russia, in Cina, si afferma la potenza delle fiere, all’Armory e Miami, tutti comprano tutto, investendo nell’arte come nel mattone: ci sono centinaia di categorie disponibili, dall’arte pallida all’artigianato compulsivo, dagli interni animati alla passera arrabbiata, ovverosia «opere» fatte col sangue mestruale, mentre «tutte quelle spavalde correnti del secolo scorso sono collassate in un qui e ora disorientato e sconcertante». Fino al crollo definitivo nel settembre 2008, quando l’arte contemporanea come la Borsa si è rivelata un colosso dai piedi d’argilla. Il giudizio di Steve Martin a questo punto coincide con la vendetta del moralista: «La sfiducia verso le banche e gli strumenti finanziari ora si ripercuoteva su cherubini, amorini e Papi bidimensionali. Le riviste d’arte e i cataloghi d’asta si assottigliarono. Il darwinismo imperversò per le vie di Chelsea, portando alcune specie all’estinzione e lasciando in vita solo quelle con il collo più lungo che potevano raggiungere i rami più alti». Dopo il tonfo, si continua a pontificare d’arte, a visitare le mostre ma la febbre degli acquisti è passata.

Crisi o non crisi, i party richiamano sempre grandi folle, soprattutto se si mangia gratis. Nel frattempo Lacey ha chiuso la galleria e si è trasferita ad Atlanta, ma non c’è da preoccuparsi, è il genere di persona che riesce sempre a cavarsela.

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