Croce uncinata sul petto del baritono: lo cacciano

Croce uncinata sul petto del baritono: lo cacciano

Come parlare di corda in casa dell'impiccato. Agitare, anche se... sottopelle, i fantasmi del nazismo in casa di Richard Wagner, cioè a Bayreuth, santuario del mitico (e mitizzato) compositore tedesco è qualcosa di imbarazzante. Di politicamente e persino musicalmente scorretto. Così il baritono metallaro russo Evgheny Nikitin, ieri se n'è volato via sulle ali dell'Olandese volante, opera nella quale avrebbe avuto un ruolo di protagonista se il regista dello spettacolo, Jan Philipp Gloger, da buon regista che tutto osserva e tutto registra, non avesse notato (in camerino? in bagno? a tavola?), sul petto per l'appunto baritonale e capiente dell'incauto Nikitin un evidente simbolo del peccato: nientemeno che una croce uncinata.
«Eh no, caro Evgheny, questo è troppo», ha pensato o forse ha detto lo scandalizzato Gloger. E poi ha lasciato partire il sonoro «cicchetto», facendo chiamare a rapporto l'«imputato» dalla direzione del Festival wagneriano. Superflua la «confessione», immediata la «condanna» del malcapitato: qui non ti vogliamo, non è aria, sloggia. Contrito e pentito, il Nostro (si fa per dire, non vorremmo subire la chiamata in correità) ha preso atto della propria colpa (ma la canottiera, lassù, non si usa? va bene che siamo in luglio, ma un minimo di precauzione...), ha chinato il capo e ha dichiarato: «Ho fatto quei tatuaggi quando ero giovane, è stato un grosso errore della mia vita, un errore che non avrei mai dovuto commettere». Ora la stecca costerà cara sia a lui, che vede messa a repentaglio una luminosa carriera, sia ai padroni del vapore emersi dal torpore delle brume nibelungiche, i quali devono trovare in fretta e furia un degno sostituto, possibilmente senza tatuaggi di sorta, per andare in scena mercoledì prossimo.
Marchiato a fuoco dalle simpatie naziste di Winifred, moglie di Siegfried, figlio del colossale e ingombrante Richard, il Festival wagneriano oggi purtroppo non può più contare su quell'eccellente capo ufficio stampa a nome Friedrich Nietzsche. Lui sì che saprebbe trovare la quadra per salvare capra, cavoli e mitologia nordica. Lui sì che potrebbe da par suo giustificare il gesto umano, troppo umano di Nikitin. Il nazionalsocialismo è indelebile più di un volgare tatuaggio, non viene via nemmeno con la candeggina.


E ora, le domande di prammatica: l'arte è politica? L'arte è censurabile? L'arte può essere presa in ostaggio da quattro righe in croce, uncinata o no? E se Nikitin avesse avuto, in prossimità del cuore, una farfallina, avremmo scritto questo articoletto?

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