È dura la vita per chi ama Marcel Proust

Di fronte a Il Libro, ogni libro appassisce come uno di quei fiorellini che inebriavano Marcel

È dura la vita per chi ama Marcel Proust

Dunque, giochiamo con il suo giocattolo preferito (ci gioca ancora, a 38 anni). E giochiamoci come potrebbe giocarci lui. Il tratto principale del mio carattere. «Il disordine». La qualità che desidero in un uomo. «La laconicità». La qualità che preferisco in una donna. «Prendere l'iniziativa». Quello che apprezzo di più nei miei amici. «Che non mi dicano tutto ciò che sanno di me». Il mio principale difetto. «Vedi la prima risposta». La mia occupazione preferita. «Oziare». Il mio sogno di felicità. «Vincere il Goncourt senza parteciparvi». Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia. «Apprendere che Marcel Proust non è esistito». Quel che vorrei essere. «La Torcia Umana dei Fantastici Quattro». Come vorrei morire. «In un incendio». I casi della vita, a Michaël Uras hanno spostato l'accento dalla «u» alla «a» del cognome, perché dalla Sardegna il padre si trasferì in Francia prima di metterlo al mondo. Poi gli hanno regalato una dieresi sopra la «e», tocco vezzoso e vagamente femmineo. Ma soprattutto lo hanno fatto innamorare di Marcel Proust. Tanto da fargli scrivere Chercher Proust, che in italiano è diventato Io e Proust (Voland, pagg. 159, euro 15, traduzione di Giacomo Melloni). Dove si fa chiamare Jacques Bartel e dove spiega l'ossessione e insieme il senso di inadeguatezza di uno che, pur amando Proust alla follia, si mette in testa di scrivere un libro. Nonostante il fatto che scrivere un libro, per chi ha scelto Proust come stella polare della propria vita, sia una vera tortura. Di fronte a Il Libro, ogni libro appassisce come uno di quei fiorellini che inebriavano Marcel.

Jacques Bartel non è né Swann, né Charlus, né Odette, né tantomeno il Narratore. È, piuttosto, un Jean Santeuil dei nostri tempi, un tenero abbozzo, uno schizzo preparatorio a ciò che forse verrà... Per scongiurare l'accusa di omosessualità, sempre in agguato nei confronti di chi mostra un'insopprimibile passione per la Recherche, mette insieme un bel gineceo di ragazze. Non è un macho, tutt'altro: gracile fisicamente e caratterialmente, trova un posto all'Accademia proustiana, dove non sopporta i colleghi babbioni; vorrebbe fare uno scoop che dia impulso alla propria acerba carriera di studioso e quando gli si presenta l'occasione da cogliere al volo, cioè raccogliere le memorie dell'ultima persona vivente ad aver conosciuto Proust, un vecchietto di 115 anni ospite di una casa di riposo, non sa metterla a frutto; in grave crisi esistenziale, si aggrappa a Marc, il suo migliore amico che si spupazza la sua fidanzata in carica. In ultimo, s'incarta nel tentativo di scrivere un romanzo dal titolo... Io e Proust.

A poco gli serve usare, peraltro in forma ridotta, come cartina di tornasole per inquadrare le persone, il famoso questionario che Marcel sottopose a se stesso e a tanti suoi amici e conoscenti. A noi che lo abbiamo usato poco fa è servito per ipotizzare le risposte che darebbe Michaël Uras. Cosa che potrà fare chiunque leggerà il suo libro.

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