EBOOK Liberalismo, il catalogo è questo

Da oggi sul Giornale.it le opere della cultura liberale. Solo per oggi gratis la prima opera "La tirannia fiscale" di Pascal Salin. Gli altri titoli allo straordinario prezzo di 2,99 euro: comprali qui

EBOOK Liberalismo, il catalogo è questo

Ci sono libri che vanno portati sempre con sé. Gli eBook servono a questo. Da oggi il Giornale consente ai suoi lettori di accedere in anteprima a una sorta di biblioteca essenziale del li­beralismo. Nonostante manchi, fra i titoli al centro di questa inizia­tiva, il discorso sulla Libertà degli Antichi paragonata a quella dei Moderni di Benjamin Constant, è stato giusto intitolarla, per l’ap­punto, «Le libertà dei moderni». Per Constant, la libertà dei moder­ni è la libertà individuale. È l’af­francamento dal potere arbitra­rio: «per libertà intendo il trionfo dell’individualità,tanto sull’auto­rità che dovrebbe governare con il dispotismo, quanto sulle masse che reclamano il diritto di asservire la minoran­za alla maggioranza».

Di questa visione della libertà, i dodici titoli che verranno distribuiti, in formato elettronico, con il Giornale rappresenta­no un interessante compendio. Vengono dal catalogo della Liberi­libri. Di Liberilibri ,l’abitudine im­pone che si dica «piccolo e corag­gioso editore di Macerata». Ogni tanto le abitudini vanno cambia­te: la Liberilibri è un grande e co­raggioso editore di Macerata. È una grandezza che non si misura sul metro del fatturato, ma su quel­lo dell’influenza: che è poi quello con cui si confronta chi faccia libri non per vendere libri, ma per far circolare idee. Aldo Canovari, il fondatore, prese sul serio un cele­bre passo di Friedrich von Hayek: bisogna fare di nuovo della costru­zione della società libera «un atto di coraggio», perché possano di nuovo conquistare le menti droga­te dal collettivismo.

Canovari ha promosso un ag­giornamento della cultura politi­ca italiana impensabile, prima che Liberilibri nascesse. Non solo per la forza dell’egemonia: in Ita­lia una persona colta conosce a menadito il catalogo della casa editrice Feltrinelli, e conseguente­mente rimpiange i Tupamaros dell’Uruguay ( O bailan todos, o baila nadie ). Ma anche chi cerca­va di scavarsi un rifugio dal gran­de tsunami cultural- politico inne­scato dal combinato disposto di Feltrinelli ed Einaudi nel secondo dopo guerra, personaggi e case editrici diverse, raffinatissime e anticipatrici, e tuttavia chiuse in un recinto ideologico impenetra­bile, si trovava in mano ben altro che libri pensati per fare della co­struzione di una società libera un «atto di coraggio».

Una grande tradizione liberal­liberista, per usare questa bizzar­ra parola che lascia intendere che la libertà sia un gelato a due gusti, «politico» ed «economico», tran­quillamente servibili in coni diver­si, era stata sepolta e dimenticata. Ferrara e Pareto erano diventati santini polverosi della scienza economica,Luigi Einaudi un’ico­na repubblicana cui rendere omaggi prudenti e sterili. Gli eco­nomisti con reale consuetudine con contemporanei come Fried­man, Buchanan, Kirzner si conta­vano sulle dita di una mano sola.

Non dico che Aldo abbia rove­sciato il tavolo tutto da solo: ma quasi. Con Liberilibri anche in Ita­lia si aprivano le finestre. Si poteva leggere finalmente nella lingua che l’autore parlava con i suoi stu­denti e con sua moglie il capolavo­ro di Bruno Leoni, La libertà e la legge . Venivano tradotti Walter Block, Murray Newton Rothbard e David Friedman. Il libro di Block, Difendere l’indifendibile , è stato un piccolo oggetto di culto. Merito di un titolo fortunato e del­la paradossale ma efficacissima difesa sul piano «economico» di diritti considerati solo «civili» (for­se la libertà non si può fare a fette).

Rothbard e Friedman accendeva­no anche da noi la passione per un liberalismo rigoroso, questo final­mente sì pronto a innestarsi su un atto di coraggio intellettuale. Ve­dere lo Stato per quello che è: la grande finzione, per citare Frédéric Bastiat, attraverso cui tut­ti cercano di vivere alle spalle di tutti gli altri.

Il catalogo di Liberilibri è gran­de, ma l’assaggio che viene propo­sto ai lettori del Giornale è stato ben pensato. Rappresenta bene Liberilibri: editore che dosa gran­di classici (Pareto e lo Smith di Stewart), classici contemporanei (Friedman, Kukathas), lavori d’ambizione schiettamente divul­gativa. Sulla scia di Canovari si so­no inseriti altri: in primis Florindo

Rubbettino e Leonardo Facco. L’influenza sfugge alle misurazio­ni. Ma se esiste oggi, in Italia, un sentimento liberale incredibil­mente più solido di quello blando che serpeggiava quando Liberili­bri diede alle stampe il suo primo volume, è merito loro. Pian piano hanno contribuito a ridisegnare i confini del dibattito pubblico. Re­sta da fare moltissimo, e la politica ai loro lettori ha regalato soltanto delusioni. Ma i libri letti da pochi contribuiscono a ridisegnare la te­sta dei molti: e le pagine dei giorna­li ce lo ricordano costantemente. La meta è lontana, la rotta è giu­sta.

Sosteneva Hayek: «finché i fondamenti filosofici di una socie­tà libera non verranno resi mate­ria intellettuale viva, e la loro diffu­sione non diverrà uno sforzo che sfidi l’ingegno e l’immaginazione delle nostre menti più vivaci, il fu­turo della libertà sarà necessaria­mente oscuro». In Italia, Liberili­bri ha acceso la luce.

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