In «Giugno» i ricordi bruciano anche l’anima

In «Giugno» i ricordi bruciano anche l’anima

Continua a esserci silenzio lassù. Il profondo Nord dell’Olanda è ancora lo scenario in cui Gerbrand Bakker colloca la sua storia. È la storia di due giorni, quello dell’Evento e quello in cui un altro Evento, contemporaneo al primo, torna, nella memoria di tutti, sul luogo di un delitto ordito dal Caso. È il 17 giugno 1969 quando la regina Giuliana sale proprio lassù, in visita ai sudditi di campagna. Bambini che sventolano bandierine, sindaci impettiti, pasticcini, contadini e allevatori orgogliosi di mostrare e di donare (uno regala alla sovrana due caprette nane...). L’aria di festa si stempera nell’afa e nell’odore di pesce, i tableaux vivant sono schizzi essenziali, scarni. E perplessi come la gente che, vivendo quelle ore a lungo attese, è già presa dal rimpianto dei preparativi. Ed è sempre il 17 giugno 1969 quando una bimba di due anni, attraversando la strada per giocare con il suo cane, viene travolta dal furgone del fornaio e muore sul colpo. Come due foglie cadute a breve distanza di tempo e di spazio nello stesso canale, i due Eventi rimangono estranei l’uno all’altro, e vengono entrambi trascinati dalla corrente. Ma ora, quarant’anni dopo, l’invisibile rete dei ricordi di protagonisti e comparse riaffiora a pelo d’acqua.
Due anni dopo C’è silenzio lassù, Bakker torna a breve nelle nostre librerie ancora per Iperborea con Giugno (pagg. 322, euro 17, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo) e sono ancora le cicatrici di un dramma familiare molto simile a quello patito dallo stesso autore (la morte per annegamento di un fratellino) a disegnare la trama immobile, incatenata alla canicola. Le prime e le ultime parole spettano, noblesse oblige, alla regina, ma fra l’inizio e la fine le vicende della famiglia Kaan (padre e madre anziani, tre fratelli - uno sposato e padre di una frugoletta, uno gay e uno segnato, non soltanto per la balbuzie, da una brutta caduta) tornano in superficie vincendo il peso di molte zavorre. «Abbiamo un sacco di cose nella testa, ma vengono a galla solo quando qualcuno dice qualcosa. Come una canna da pesca con un verme appeso all’amo», dice Johan. L’omaggio di tre uomini alla tomba della loro sorellina scomparsa tragicamente è il nucleo narrativo, duro e pungente come i sassolini che ornano la tomba della piccola Hanne.

Intorno a loro, alla loro madre fuori di testa che ormai vive da autoreclusa nel fienile, al vecchio amichetto un po’ troppo intimo di Jan, alla depressa custode del cimitero e al fornaio colpevole d’imperizia nella guida e di disaffezione per la vita intera, si stende la cappa di silenzio. È questa la cifra letteraria di Bakker, una cifra che, come i polder della sua terra, sta sotto il livello del mare (della lettura), ma è un oceano ricco di tesori sconosciuti.

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