Il rischio di licenziare per giustificato motivo o per giusta causa, l'incertezza dell'eventuale processo, la discrezionalità del giudice, la quantità di cavilli giurisprudenziali. E poi la difficoltà insita nel reintegro disposto dal magistrato, le conseguenze che si ripercuotono nella vita aziendale, nell'organizzazione produttiva e nella relazioni umane. Il tutto visto dal punto di vista dell'imprenditore.
Ed è qui che sta la novità proposta da Massimo Bornengo e Antonio M. Orazi, esperti di tematiche sindacali e autori del libro "L’art. 18: la reintegrazione al lavoro. Storie di vita aziendale…e la riforma?", edito da Esculapio di Bologna.
Il dibattito politico sulla riforma del mercato del lavoro è ancora in corso e la discussione sull'articolo 18 tiene sempre banco, ma è stata analizzata sempre dal punto di vista del lavoratore e non da quello del proprietario dell'impresa.
Gli autori hanno invece voluto approfondire le problematiche organizzative, sociali, emotive che attanagliano un imprenditore quando un giudice dispone il reintegro del lavoratore licenziato.
Ma nel testo non c'è solo questo. Ci sono le storie di vita aziendale, gli ostacoli che deve affrontare l'imprenditore per far valere il proprio volere, ci sono racconti di vicende legali realmente accadute e che rasentano il parossismo per cavilli, peripezie e rischi connessi a una procedura di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Nel libro, esperti delle relazioni sindacali e avvocati del lavoro narrano episodi realmente accaduti o citano disposizioni di reintegro che presentano aspetti surreali.
Un esempio? Un infermiere professionale in un reparto psichiatrico che, dopo aver gettato per terra un paziente affetto da gravissima insufficienza mentale, lo ha preso a calci al torace e allo stomaco. Bene, in quel caso il giudice dispose il reintegro nel posto di lavoro perché "...si è trattato di un fatto isolato ed eccezionale in relazione a un paziente particolare...".
Ma di esempi di questo genere il libro ne contiene a iosa. Dal dipendente esibizionista che molesta due compagne di lavoro ma viene reintegrato perché "il provvedimento è sproporzionato" al lavoratore che, in costanza di malattia, svolge un altro impiego ma viene reintegrato perché "nessun danno ha arrecato al datore di lavoro", anzi "l'attività svolta ha accelerato la sua guarigione".
Insomma, un libro sicuramente fuori dal coro, non allineato al dibattito politico-sindacale che spesso pone il lavoratore in una condizione di superiorità rispetto al capo e che punta i riflettori su una realtà spesso
adombrata e poco considerata quale è quella dell'imprenditore. La cui decisione di licenziare un dipendente a volte comporta un rischio, se non maggiore, eguale a quello corso per intraprendere un'attività.
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