«Libri che hanno plasmato la nostra idea di fantastico»

Giuseppe Lippi è il successore in carica di Giorgio Monicelli e della ditta Fruttero&Lucentini. Dal 1990 Lippi - che ha iniziato con le collaborazioni con la rivista Robot, e con il festival di fantascienza di Trieste nel '77 - dirige il mensile di fantascienza mondadoriano (pur continuando altri lavori: l'edizione per gli Oscar dei racconti di H.P. Lovecraft e quella del 2011 delle Cronache di Narnia di C.S. Lewis).
Da genere di culto, per quanto diffusissimo, negli anni '70, a fenomeno di costume assorbito dalla cultura pop. È questa la parabola del fantastico in Italia?
«Senz'altro è così. Anche se questo ha comportato una diminuzione delle vendite delle collane di settore. La gente non legge più per evadere. Si è abituata ad assorbire la necessaria dose di fantastico al cinema, in tv, coi videogame. Al fantastico sta succedendo quel che succede al giallo: le collane di genere diventano mainstream, non solo librario».
Molti temi che una volta erano propri del fantastico sono entrati nell'immaginario “normale”?
«Pensi al linguaggio cinematografico di David Linch, già il suo Eraserhead è un'idea derivata da quel tipo di letteratura. Ma gli esempi sono moltissimi. Anche Stephen King ha saccheggiato autori come Ray Bradbury, vendendo milioni di copie».
Un fantastico che esonda in tutto l'immaginario, quindi...
«Certo, perfino nelle pubblicità, in fondo. Oggi la pubblicità ha reso il mondo “a base fantastica”. Cosa c'è di più irreale di un sapone che ti promette uno stile di vita paradisiaco? Viviamo in un mondo anche troppo razionale, almeno nelle intenzioni. Di conseguenza il bisogno del fantastico è un po' come bisogno di metafisica secondo Kant: insopprimibile».
Quali sono gli scrittori contemporanei di letteratura fantastica più interessanti?
«Ci sono ottimi scrittori nel mondo anglosassone. Per esempio Robert Sawyer è stato in grado di rinnovare il genere. Poi ci sono autori sofisticati come Paul Di Filippo, che in certi casi usa la forma pastiche. O Greg Egan, che è ancora più d'èlite e inserisce cognizioni di fisica quantistica nei suoi romanzi. O Amanda Prantera, che è inglese ma vive in Italia, e nei suoi libri cerca di “condurre il fantastico a ragione”».
È vero che, come diceva Carlo Fruttero, «un disco volante non può atterrare a Lucca», e che il fantastico italiano non esiste?
«Su questo non sono d'accordo. Fruttero aveva frequentato per un paio d'anni il castello del conte Marmorito, che aveva un'immensa biblioteca, con molti romanzi gotici. Quando arrivò a dirigere la collana con Lucentini decisero di far tradurre e pubblicare solo autori anglosassoni. La storia degli extraterrestri a Lucca è una sorta di barzelletta letteraria, che copriva una decisione. F&L erano convinti che si potesse fare a meno degli italiani».
E invece?
«Ci sono ottimi scrittori italiani anche in questo genere. E non solo i soliti Calvino o Buzzati.

Lo stesso Giorgio Scerbanenco ha scritto ottime storie fantastiche. In passato c'erano Lino Adami, Sandro Sandrelli, ma erano più per specialisti. Oggi c'è ad esempio Valerio Evangelisti che con il ciclo di Eymerich ha ottenuto il successo che merita».

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