«Montaigne e Rabelais non rendono nulla? E noi li pubblichiamo»

«Montaigne e Rabelais non rendono nulla? E noi li pubblichiamo»

In tempi in cui la regola è costituita da storiche collane che chiudono e da progetti editoriali senza respiro, un’operazione come la nuova collana Bompiani «I classici della letteratura europea», ciclopica e ambiziosa, è un’eccezione che, nell’altrimenti innocuo mondo culturale, rappresenta una provocazione, più che una sfida. Inaugurata dai Saggi di Montaigne, ritradotti e curati da Fausta Garavini con il testo a fronte dell’edizione critica di André Tournon, e da Gargantua e Pantagruel di François Rabelais, curato da un team di specialisti capeggiati da Lionello Sozzi, la collana offre le opere fondamentali della nostra civiltà, curate dai massimi esperti delle diverse aree di competenza, in eleganti volumi di 2-2500 pagine, a un prezzo di 35-40 euro. Ed è diretta da Nuccio Ordine, italianista all’Università della Calabria e con un’esperienza internazionale nel campo dei classici: in Francia dirige due collane per Les Belles Lettresì, le opere complete di Giordano Bruno e la Bibliothèque italienne.
La storia insegna che ogni grande collana deve ispirarsi a una precisa filosofia editoriale, come la Bur che dava i capolavori della letteratura mondiale in piccoli libretti a prezzi minimi, o i «Classici» UTET, con gli autori che costituiscono il fondamento di una civiltà divisi per discipline, in volumi di pregio. La vostra cifra, qual è?
«Quella di pubblicare ogni opera con il testo originale a fronte, cosa molto diffusa per la poesia, o per gli autori greci e latini, ma non per la prosa o la saggistica. Una collana bilingue dei classici europei è qualcosa di unico. Ecco la nostra scommessa. Ad esempio, tra i prossimi titoli c’è il Don Chisciotte curato da Francisco Rico: sarà la prima edizione europea bilingue. Poi arriverà la prima traduzione integrale della Regina delle fate di Edmund Spenser... Così non solo lo specialista, ma anche uno studente potrà leggere nell’originale le grandi opere. A un prezzo inferiore rispetto a un volume in lingua, chessò della Pléiade».
Le grandi collane di classici di marchi storici, come Ricciardi o Laterza, sono in crisi...
«A causa di riforme scellerate degli ultimi decenni, nei programmi scolastici e universitari c’è più interesse per l’insegnamento tecnico che per quello umanistico, col paradosso che oggi gli studenti leggono sui manuali notizie e riassunti di classici che loro non hanno mai visto: tanti bignami, nessuna lettura “dal vero”. Un errore micidiale. Non si fa innamorare un ragazzo dell’Orlando furioso facendogli studiare il riassunto, ma facendogli leggere il testo».
Altri editori sono caduti su collane simili. Cosa Le fa credere che voi durerete?
«Primo, perché in un momento in cui l’Europa si sta finalmente affacciando all’orizzonte delle scuole e delle università, con scambi di studi e programmi, la lettura in lingua dei classici può avvicinare i ragazzi. Secondo, perché siamo convinti che in una società in cui tutto ciò che non produce profitto economico non conta - principio al quale spesso anche gli editori si piegano - i classici sono la prova del contrario. Che esistono cose “non produttive” come la letteratura essenziali alla società. Si può studiare e leggere non per ottenere qualcosa professionalmente, ma per costruire la propria identità e il proprio ruolo di cittadini».
I classici come esercizio alla vita civile.
«È così».
Il progetto della collana è stato accidentato.
«Ho impiegato 15 anni per contattare i migliori curatori, traduttori, specialisti... Da subito il criterio è stato avvalersi degli studiosi più importanti di ogni singolo autore e scegliere per i testi le edizioni critiche migliori nelle varie lingue... Il progetto, è vero, nacque alla UTET, che però dopo l’acquisizione da parte della De Agostini non ha più potuto sostenerlo. Così, 3-4 anni fa, grazie a Umberto Eco che ha fatto da trait d’union, mi sono rivolto alla Bompiani, dove Elisabetta Sgarbi e Mario Andreose si sono entusiasmati. Ed eccoci qui».
Perché classici della letteratura europea, e non italiana o mondiale?
«Confinarci dentro il perimetro italiano sarebbe stato un errore, perché non si può circoscrivere la letteratura in compartimenti, separata dai circuiti esterni... Leggere Rabelais senza tenere conto di Teofilo Folengo non ha senso. Dall’altra parte, voler fare qualcosa di “mondiale” presuppone un salto che per ora supera le nostre forze».
L’Enciclopedia Britannica da quest’anno va solo online, mentre voi varate una collana di mattoni di carta da 2-2500 pagine l’uno. Pessimisti loro o ingenui voi?
«Sono due cose diverse. L’enciclopedia è uno strumento che online si consulta benissimo. Per altre cose, continuo a pensare che la civiltà del libro non scomparirà mai: non si può leggere Montaigne a video... Come si fa a sottolineare, annotare, sfogliare a caso?»
Due grandi “vecchi” come Citati e La Capria sostengono che piuttosto che leggere besteller come Faletti e Coelho è meglio non leggere. Disabituano ai libri buoni.


«Le polemiche letterarie a volte si fondano su provocazioni... Non si può generalizzare. È vero, non tutti i bestseller valgono, ma spesso i grandi libri dell’umanità hanno incontrato difficoltà agli inizi. La qualità non si misura sulle copie vendute. Pensi ai classici...».

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