Montand, il vero maschio che seduce con l'angoscia

Tra un film e una canzone amò Edith Piaf, Simone Signoret e Marilyn Monroe. L'autobiografia postuma

Montand, il vero maschio che seduce con l'angoscia

«Figo» è una parola scivolosa, per gli uomini. Può buttarti fuori strada, quando la senti pronunciare dalla tua donna o da quella che vorresti fosse tua. Che cosa loro intendano per «figo» è un mistero non gaudioso. Certo, i «fighi» prêt-à-porter, i George Clooney, i Brad Pitt, i David Beckham, e il bel barista, e il bel maestro di sci, li riconosciamo anche noi, non siamo mica così scemi. Ma i più insidiosi non sono loro, i nemici davvero pericolosi non sono quelle figurine pulite e perbene anche negli eccessi. Il «figo» autentico magari striscia nell'ombra e salta fuori al momento più opportuno per lui e meno opportuno per noi e ha la faccia (cito) «stropicciata», ha (cito) «delle belle rughe», e insomma (cito ancora e poi mi taccio per vile autodifesa) «sembra un attore francese». Altro che il palestrato-tatuato-depilato-paparazzato. Il prototipo del vero «figo», beninteso, per vere donne, è Lui, è Ivo Livi alias Yves Montand.
La faccia è «stropicciata» dalle mille sigarette e dall'angoscia che, a suo dire, è stato il motore di una luminosa carriera. Le rughe sono «belle» e asimmetriche come si addice a uno che ha vissuto di tutto e di più. E poi «sembra un attore francese»... Per forza: lo è, un attore francese, anche se è nato non a Parigi, ma a Monsummano Terme, in provincia di Pistoia, anche se ha fatto il ragazzo di bottega dal parrucchiere (ovviamente per signora) e poi l'operaio, anche se di Marilyn Monroe apprezzava soprattutto, pensate un po', «il buonsenso», «la vitalità di una contadina con i piedi per terra». Lui dovrebbe essere il nostro punto di riferimento, non Fabrizio Corona o Cristiano Ronaldo. Non per imitarlo, guai a commettere quell'errore mortale, ma per tentare di capire, almeno. E per metterci l'anima in pace.
Almeno in questo, anche se non vale come consolazione, siamo come Lui, che non ebbe mai l'anima in pace. Lo spiega in Frammenti di vita (Via del Vento edizioni, pagg. 35, euro 4, a cura di Antonio Castronuovo), piccola ma densa antologia della fluviale chiacchierata autobiografica intrattenuta con due giornalisti fra l'autunno dell'88 e l'estate del '90 e diventata nel '91 un volume uscito da Seuil: Montand raconte Montand. Da quando si ricorda bimbo silenzioso e solitario nell'incasinata e multietnica Marsiglia che lo accolse nel '23, all'età di due anni, a quando, parlando del suo unico figlio Valentin avuto, a 67 anni (!), da Carole Amiel, dice: «Bisogna che mi dia un pizzicotto affinché mi renda conto: sì, sono io il padre». Lui che ha impiegato meno di una settimana a impacchettare il cuore del «passerotto» Édith Piaf («aveva un fascino enorme, quella stronza», «ti faceva credere di essere Dio, di essere insostituibile»), fra una canzone e una colazione a casa sua, in avenue Marceau. Lui che ha sedotto Simone Signoret con una frase che in bocca a uno di noi normali susciterebbe, nella migliore delle ipotesi, compassione: «Avete un'ossatura molto delicata...». Lui che le donne le rassicurava tenendo per sé, nell'intimo che sta fra il diaframma e il fegato, le proprie insicurezze. Lui che è stato amico e interprete di Prévert e che ha rischiato di diventare monsieur le President.

Lui che ancora adesso, a ventuno anni dalla morte, ha la faccia «stropicciata», «ha delle belle rughe» e «sembra un attore francese».
Lui che ci fa sentir bene quando vediamo la nostra o altrui signora guardare con insistenza un pirla di cameriere.

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