Il Nobel a Deaton, l'economista della disuguaglianza necessaria

Docente a Princeton, è uno dei pionieri della scienza dei consumi. Teorizza la fuga dalla povertà senza demonizzare il benessere

Il Nobel a Deaton, l'economista della disuguaglianza necessaria

Chissà se un Papa come Francesco, così sensibile verso i diseredati della terra, e l'esodo biblico di centinaia di migliaia di disperati alla ricerca di una vita migliore hanno avuto un peso nell'attribuzione del Nobel per l'Economia, ieri, allo scozzese Angus Deaton. Di sicuro, la cifra professionale e personale del 69enne professore di Princeton è data dall'aver speso un'intera vita a studiare le geometrie sghembe delle diseguaglianze sociali, con una tensione continua nell'indagare su quanti - e sono tanti, troppi - riescono nell'impresa impossibile di vivere con meno di un dollaro al giorno.

Se proprio lo si vuole incasellare, Deaton è l'economista della povertà senza avere l'accentazione neo-marxista di un Piketty. Una sensibilità nei confronti dei meno fortunati che deriva da un padre minatore che, a prezzo di grandi sacrifici, ha messo il figlio nella condizione di frequentare il prestigioso liceo privato Fettes College (lì dove ha studiato l'ex premier inglese, Tony Blair) e di laurearsi a Cambridge in matematica. Archetipo del vecchio liberale senza venature integraliste, Deaton non professa la religione del Pil, né quella del consumismo sfrenato.

Mentre il focus di Paul Krugman, un altro princetoniano insignito del Nobel, si è via via spostato sulle aberrazioni provocate dal ciclo terribile dell'austerity, l'attenzione di Deaton è catturata dalle dinamiche che promuovono il benessere e riducono la povertà, con un punto di partenza che sta nelle scelte di consumo individuali. Ma, in fondo, si tratta di due punti di vista convergenti che finiscono per mettere in discussione la centralità del mondo della finanza e puntano l'indice contro quell'1% della ricchezza mondiale concentrato nelle mani di pochi, pochissimi. Alla fine, la partita è sempre la solita: Wall Street versus Main Street. Così, quella fatta dall'Accademia Reale svedese delle Scienze diventa anche una precisa scelta di campo nel momento in cui si decide di non premiare un peso massimo come l'ex numero uno della Federal Reserve, Ben Bernanke. Ovvero, l'uomo che più di tutti si è speso - a colpi di migliaia di miliardi di dollari di denaro dei contribuenti - per evitare la catastrofe di un certo mondo. Ma “Elicopter Ben” è anche colui che, forse, ha finito per uccidere la capacità di autoregolazione con cui il capitalismo si è sempre depurato dalle mele marce, eliminandole.

Deaton ha sintetizzato una vita di studi in un libro, emblematicamente intitolato La grande fuga (come il film sull'evasione di un gruppo di prigionieri da un campo tedesco) e diventato il livre de chevet di Mr. Microsoft Bill Gates, uno degli alfieri nella lotta contro la povertà dopo un'intera esistenza passata a impilare miliardi. Negli ultimi due secoli e mezzo - sostiene il professore di Princeton - l'umanità ha migliorato il proprio benessere in modo spettacolare, come dimostrano l'allungamento della speranza di vita e il regredire o la scomparsa di alcune malattie. Ma tali progressi sono andati di pari passo a un impressionante aumento delle disparità tra i popoli e le nazioni. Scrive Deaton: malgrado la vita sia «meno dura di quanto sia forse mai stata nel corso della storia», milioni di persone ancora sperimentano «gli orrori dell'indigenza» e il mondo è sempre attraversato da «diseguaglianze straordinariamente profonde». Un'analisi lucida che non contrasta con la sua idea che le diseguaglianze siano anche la benzina del progresso. Per esempio, il desiderio di una vita migliore ha spinto milioni di bambini indiani a frequentare la scuola. Un fatto positivo.

Il messaggio principale rimanda all'inutilità di inseguire la ricchezza. È il cosiddetto «Paradosso di Deaton»: la soglia della felicità viene raggiunta a 75mila dollari di reddito (66mila euro circa); oltre quella soglia, migliora solo la percezione della qualità di vita, mentre il livello di felicità delle persone non aumenta perché diminuiscono i desideri da appagare. Si direbbe un invito alla moderazione esistenziale, a non bruciare tutto il tempo e le energie a disposizione allo scopo di arricchirsi, magari mettendo in secondo piano famiglia, amici e interessi personali.

Un solo appunto va rivolto al novello Nobel: non aver mai rimosso l'acronimo

scelto negli anni '80 per un suo metodo, secondo cui la stima della domanda di un certo prodotto dipende dal prezzo di tutti i beni e servizi e dai redditi dei consumatori. Il metodo si chiama Almost Ideal Demand System, AIDS.

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