Quelli che snobbano i libri a 99 centesimi

Editori e librai arricciano il naso di fronte alla collana Newton Compton che spopola in classifica con i classici. Ma così si danno la zappa sui piedi

Quelli che snobbano i libri a 99 centesimi

Seneca, Freud, Austen, Poe, Doestoevskij e uno scrittore emergente, Marcello Simoni, ai primi sei posti nella classifica settimanale dei libri più venduti, secondo i dati pubblicati su Repubblica. Dato che in Italia si legge poco, non possiamo pensare che questa classifica sia dovuta a un'infatuazione repentina per i classici, con una felice incursione di un giovane autore. La spiegazione è molto più semplice. Newton Compton, un editore estremamente creativo nel diffondere in maniera economica e capillare la letteratura (chi non ricorda i 100 pagine 1000 lire?) ha appena avviato la collezione Live a 0,99 centesimi, di cui fanno parte i sei autori sopra citati.

La proposta di Newton Compton sembrerebbe una di quelle in cui nessuno ci perde: non l'editore, che confida di vendere così tante copie da recuperare i costi dell'iniziativa; non il libraio, che potrebbe fare lo stesso ragionamento e al quale, comunque, qualsiasi uomo della strada consiglierebbe che è sempre meglio vendere a poco prezzo piuttosto che non vendere; last but not least, non il lettore, che potrà acquistare titoli rilevanti a prezzi molto modici e soprattutto potrà aumentare le possibilità di acquistare un libro rinunciando, al più, a un caffè. Iniziative come queste possono avvicinare le persone alla lettura, prospettiva di cui dovremmo compiacerci tutti, e ridare vitalità ai libri di carta, così cari a editori e librai. Le persone potrebbero persino cambiare le loro abitudini e leggere di più, senza dover ritenere l'acquisto di un libro alternativo a una pizza con gli amici. Potrebbero approcciarsi al mondo dei libri senza timore di fare un acquisto sbagliato e potrebbero tornare una seconda volta in libreria, avvinti alla lettura e convinti magari a spenderci qualche euro in più, per la felicità di editori e librai.

Ciononostante, qualcuno si lamenta. Si lamentano i librai rappresentati dall'ALI, il cui presidente Alberto Galla ha accolto con freddezza la collana Live, dato che il margine immediato di guadagno è irrisorio (Rivoluzione no cost, La Repubblica, 16 marzo). Si lamentano anche alcuni editori secondo i quali prezzi troppo bassi trasformano i libri in prodotti di marketing senza valore (I libri a 99 centesimi? Prodotto civetta, La Stampa, 17 marzo 2013). Si lamentano insomma quanti ritengono che i prezzi dei libri, anziché essere il frutto di una negoziazione infinita tra lettori, editori e librai, abbiano un prezzo «giusto».

Sono gli stessi soggetti che hanno salutato con favore la legge Levi che limita gli sconti sui libri, approvata un anno e mezzo fa per proteggere librai e editori minori dalla forte concorrenza sugli sconti praticata nel commercio elettronico e dalle principali catene librarie. I librai, in particolare, espressero il loro apprezzamento per un provvedimento che avrebbe mantenuto i prezzi in maniera artificiale «non troppo bassi». Curiosamente, invece, la stessa legge Levi può aver contribuito, non volendo, a provocare questa bella e anomala classifica settimanale di vendite. «Nella sfera economica - scriveva Bastiat nel suo celebre Ce qu'on voit et ce qu'on ne voit pas - un atto, una abitudine, una istituzione, una legge, non generano solo un effetto, ma una serie di effetti. Di questi effetti, solo il primo è immediato». Ma Bastiat insegna che, al pari di quanto accade nei comportamenti spontanei, anche nella legislazione vi sono conseguenze inintenziali.

Così, se con la legge sul prezzo dei libri i librai si sono tolti di dosso l'incubo degli sconti selvaggi, hanno forse sottovalutato la possibilità che l'editore, per competere in un mercato molto difficile come quello librario una volta venuti meno gli strumenti della scontistica e delle promozioni, abbassasse anche drasticamente il prezzo di copertina, fino a mandare in libreria libri a un prezzo così basso che i guadagni possono arrivare solo dopo un cospicuo numero di vendite. «Prodotti civetta», come li ha definiti chi ne vuol prendere le distanze, che deprezzano il valore del libro e riducono a percentuali irrisorie il guadagno immediato dei librai. Eppure, le librerie sono già piene di prodotti civetta, che spesso non hanno nemmeno nulla a che fare con la carta stampata. È del tutto commendevole, anzi, attirare il lettore avventizio con libri a bassissimo costo e chissà persuaderlo, dopo averli letti, che la lettura è una fonte di gioia anche se dovesse costare di più.

Anche i 100 pagine 1000 lire furono, all'epoca, una straordinaria operazione di marketing.

Oggi, sono patrimonio librario italiano, dato che decine di esemplari di quella collana sono custoditi in centinaia di biblioteche pubbliche, disponibili alla lettura e al prestito.

Serena Sileoni, ricercatrice dell'Istituto Bruno Leoni

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