Non c'è niente di più spaventoso della realtà. Lo scrittore del brivido Stephen King ne è stato consapevole fin dagli inizi della sua carriera. È molto più rassicurante scrivere racconti horror in cui il male viene incarnato da vampiri, licantropi, alieni piuttosto che descrivere ai lettori come il loro vicino di casa da tempo picchi la moglie e i figli. Consapevole di questo Stephen King ha accettato la sfida con se stesso di scrivere un romanzo come Mr. Mercedes (Sperling & Kupfer, pagg. 480, euro 19,90) che avesse le caratteristiche di un thriller convenzionale ma che al contempo potesse scardinarle. La storia si apre in un piccolo paesino statunitense dove centinaia di persone si trovano in coda in attesa di poter ottenere un posto di lavoro. Uomini e donne disposti a sopportare tutto pur di ottenere quei «1000 posti di lavoro garantiti» che il sindaco Ralph Kinsler ha promesso ai suoi concittadini. King avverte subito i suoi lettori che siamo in una situazione che solo apparentemente potrebbe sembrare presa da Furore di John Steinbeck. La sua non è più l'America della Grande Depressione (quella che riuscì a uscire erialzarsi dalla crisi), siamo in una nazione sopravvissuta e segnata dalla strage di Columbine, dalle bombe dell'11 settembre, dallo scandalo sportivo legato al doping di Barry Bonds. Uno dei suoi personaggi, quasi delirando, vorrebbe essere assolto pubblicamente per tutti questi eventi, vorrebbe poterli cancellare assumendosene la responsabilità, se questo potesse bastare a permettergli di trovare un posto di lavoro.
I disoccupati descritti da King sono accampati in condizioni disagiate, assiepati insieme ad alcuni dei loro bambini piccoli (nessuno può permettersi una baby sitter ed emerge in primo piano una situazione di disagio familiare in cui è difficile sopravvivere alla quotidianità). Purtroppo nessuno di questi uomini e donne vedrà realizzato il proprio miraggio di assunzione. Alcuni di loro verranno infatti travolti da un terribile serial killer al volante di una Mercedes SL 500 che li investirà. Una profonda coltre di nebbia aiuterà l'assassino a fuggire dal luogo dell'eccidio e i poliziotti ritroveranno nell'auto una maschera da clown e un emoticon sorridente sui quali è però impossibile rinvenire qualsiasi traccia di dna. Nessuno riuscirà a dare un'identità a quell'uomo imprendibile che la stampa battezzerà come il Jolly, il Pagliaccio, l'Assassino della Mercedes.
Sarà lui stesso a decidere di contattare tempo dopo, con una lettera, il detective William Hodges che non è riuscito a incastrarlo. Il desiderio di Mr. Mercedes è quello di dimostrare a Hodges che lui è un uomo privo dell'inutile fardello della coscienza, capace di uccidere per il puro piacere di farlo. L'assassino con il suo gesto di sfida spererebbe di portare al suicidio l'anziano poliziotto che è andato in pensione (con sua piena soddisfazione l'assassino è già riuscito a far morire la proprietaria dell'auto da lui usata nella strage). Vorrebbe annientare la volontà di Hodges facendolo sentire un fallito e costringerlo a tirare il grilletto di quella pistola che da tempo tiene sul suo tavolo. Ma William Hodges non soggiacerà al perfido rituale studiato dall'assassino e deciderà di risvegliare la propria coscienza cercando di dare giustizia alle vittime.
Non c'è niente di attraente nell'America descritta da Stephen King. Il suo detective è un uomo segnato dalla vita che sopravvive alla depressione e al suicidio, è costretto a indagare per rabbia più che per eroismo. Lo stesso Mr Mercedes, dietro la cui maschera si cela il reale Brady Hartsfield, non ha niente di affascinante (non è certo il raffinato Hannibal Lecter): è un esperto di computer costretto a fare il gelataio, la cui vita è stata segnata per sempre dalla convivenza con una madre alcolizzata e psicotica. Uccidere lo fa sentire vivo, perché il resto della sua esistenza è orma da tempo spenta. È interessante che Stephen King continui a spiegare esplicitamente ai lettori che quello che stanno leggendo non è né un'episodio di Law & Order né un film con Bruce Willis ma nemmeno un thriller di Joseph Wambaugh o di James Patterson.
Non c'è nessuna volta di essere rassicuranti, nessuna epicità nei fatti che vengono man mano raccontati. Lo stesso King ha ammesso di avere iniziato a sviluppare la sua storia scioccato da un servizio che aveva visto in televisione in un piccolo motel in South Carolina. Il servizio messo in onda mostrava che più di mille persone avevano risposto all'annuncio dell'apertura di un nuovo McDonald's e si erano così radunate in attesa del colloquio di selezione. L'alto numero delle persone presenti aveva cominciato a produrre un clima di irritazione e nervosismo tale che due donne avevano cominciato a picchiarsi.
Una delle due, colta da un raptus di follia, era poi salita a bordo della propria auto travolgendo ben dodici persone, convinta in questo modo di eliminare alcuni scomodi concorrenti che avrebbero potuto prendere il suo posto come inservienti del McDonald's.
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