È piuttosto strano che l’andito di passaggio dal portone d’ingresso della casa alle scale e al cortile tragga inequivocabile origine dal greco aner-andròs, che vuol dire uomo. Ma il significato è meno lontano di quel che si possa pensare. Nella casa greca uomini e donne occupavano appartamenti diversi (erano detti androceo e gineceo), così come in quella romana, dove l’androne era il corridoio di disimpegno tra gli ambienti delle donne e degli uomini e di accesso agli appartamenti degli ospiti. La parola androceo, non a caso, indica anche il complesso degli stami di un fiore; e lo stame – appunto – è l’organo maschile del fiore. Altro nome dato agli appartamenti maschili era Andromitide.
Androne nella chiesa greca era, citiamo il Cardinali-Borrelli, “la parte meridionale del tempio ove stavano gli uomini divisi con certe gelosie dalle donne, che teneansi dalla parte settentrionale” (gelosia in questo caso attiene ai serramenti e non ai sentimenti).
L’androne era anche lo spazio tra i filari delle viti “maritate ad alberi” (va ricordato che la vite è un rampicante: senza il sostegno di alberi o pali vagherebbe in terra). Ancora: androni sono le buche, i cunicoli e le lunghe tane, per campi e orti, di talpe e topi di campagna.
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