Azzardo è sorte, è rischio, è pericolo, è avventura temeraria, è azione rischiosa. É anche avventatezza, audacia, sfacciataggine. Ma tutto questo risulta molto più comprensibile andando all'origine araba della parola, che a noi è arrivata attraverso il francese hasard: infatti az-zahr significava dado, e i più antichi giochi d'azzardo si facevano, appunto, con i dadi. Da az-zahr deriva anche zara, un gioco medievale con i dadi, diffuso in tutta Europa, citato anche da Dante. Il Tommaseo definisce Azzardo come “Caso e Cimento o Risico che dipende o pare dipenda dal caso”. Nel 1200 – aggiunge – dicevansi “lusores “ i dadi.
Parola latina identica ad azzardo è alea, che significa, appunto, dado, gioco di dadi, rischio, gioco di sorte. Voce che ha ritrovato spazio nell'ultimo secolo, e che in precedenza, come si evince dal confronto dei dizionari, era stata pressoché abbandonata. Al punto che il Panlessico alla voce Alea, si riferiva solo “all'antica capitale d'Arcadia, fondata da Alo” e “al soprannome di Giunone e di Minerva perché adorate in Alea”. La frase “alea iacta est” attribuita da Svetonio a Cesare, il quale l'avrebbe pronunciata dopo aver varcato il Rubicone, ha avuto fortuna nel suo significato di decisione presa senza poter tornare indietro. In italiano la traduzione corrente è: Il dado è tratto.
Ma quel “tratto”, participio passato di trarre (estrarre, togliere) risulta equivoco. Molto più comprensibile e immediato sarebbe dire il dado è “lanciato” o “gettato”, parole che sarebbero oltretutto le corrette traduzioni dal latino jactare.
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