A Roma si ritrovano i premi Nobel per la Pace. Il summit avrebbe dovuto tenersi a Città del Capo, dal 13 al 15 ottobre, ma è stato spostato dopo le polemiche innescate dal rifiuto del Sudafrica di concedere il visto al Dalai Lama per non infastidire la Cina. Dopo che è caduta nel vuoto una loro lettera-appello al presidente Jacob Zuma, per protesta i Nobel hanno deciso di annullare la tappa sudafricana e di spostarsi in Italia. L’evento è dedicato interamente alla memoria di Nelson Mandela e si intitolerà "Peace. Living It!". Previsti gli interventi, oltre che del Dalai Lama, anche di altri 22 Nobel. Tra questi, Mikhail Gorbaciov, Betty Williams, David Trimble, l’arcivescovo Desmond Tutu, Jody Williams, Jose Ramos-Horta, Leymah Gbowee, Mairhead Maguire e Shrin Ebdai. Ad accogliere il Dalai Lama a Roma molti ammiratori e sostenitori. Ma ci sarà anche qualcuno che lo contesterà: i seguaci del culto Shugden, sostenuti da Pechino, che chiedono libertà religiosa e accusano la massima autorità spirituale tibetana di aver ordito una discriminazione nei loro confronti. Il clima, dunque, si preannuncia abbastanza teso per il leader tibrtano.
In un'intervista a Repubblica il Dalai Lama oggi afferma che la religione non basta più: "Nonostante la sua importanza come guida morale capace di dare un senso alla vita, nel mondo laico di oggi la religione da sola non è più adeguata quale base per l’etica. Dovremmo trovare un approccio etico alla mancanza di valori che possa essere accettabile da chi ha fede e chi non ne ha. È di un’etica laica che parlo. Valori interiori da trasmettere attraverso l’istruzione". Non è tanto un approccio materialistico quello del Dalai Lama, ma un invito a trovare un'etica condivisa da tutti, e per questo necessariamente laica, che possa essere sposata da tutti e veicolata a partire dalla scuola.
Soffermandosi sugli arcinoti problemi con la Cina il Dalai Lama respinge ogni accusa: "Mi chiamano un demone e un separatista, ma in realtà è l’esercito popolare cinese ad agire come un separatista in Tibet. Se si batte un cane, quello scappa. Se si vuole che rimanga bisogna trattarlo con affetto. I tibetani sono esseri umani, che non basta blandire con infrastrutture se poi ci si comporta senza alcun rispetto. La lotta - prosegue - è tra il potere della pistola e il potere della verità. Al momento sono le armi a vincere, ma alla fine prevarrà la verità". I cinesi, aggiunge, "pensano solo in termini politici, di potere".
Non poteva mancare un accenno a Papa Francesco: "Ho ricevuto una buona impressione e sarei molto felice di incontrarlo di persona", dice il Dalai Lama. Purtroppo per lui, però, non è prevista alcuna udienza in Vaticano. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha spiegato che non è prevista alcuna "udienza del Papa con i Nobel. Per l'incontro ci sarà un messaggio del Pontefice a firma Segretario di Stato". Troppa freddezza? Vedremo nei prossimi giorni. Una cosa è certa: l'impegno per la pace di Papa Francesco è indubitabile. Ma per quale ragione il pontefice non incontra il Dalai Lama? Non ci sono motivazioni ufficiali.
Sullo sfondo possono esserci i rapporti (ancora oggi molto tesi) tra Pechino e la Santa Sede, con la pretesa del governo (ormai è una pratica consolidata) di nominare i vescovi infischiandosene del placet papale. Ma i negoziati sono in corso e, presto, i rapporti potrebbero migliorare. Per questo le ragioni del Tibet possono aspettare...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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